InVersi Fotografici – Dell’immagine ossia del "tradurre, non dire cosa vuol dire" Erwitt / Candiani

L’inVerso fotografico di oggi è incentrato sull’arte di osservare. L’osservatore compie una sorta di traduzione dell’opera nel momento in cui la passa al vaglio della propria lente interpretativa e tenta di decifrarla, ossia di attribuire un senso sempre e per forza di cose soggettivo.

Come in poesia, l’opera tramanda (nel senso di manda attraverso) dei significati che valicano le intenzioni dell’autore e si fanno ponti emotivi tra la volontà del gesto artistico, (l’espressione personale dell’autore) e il recepimento dell’opera stessa; quello che Brandi identifica come il secondo momento generativo dell’opera. Il terzo è il tra-mandamento, il mandarla attraverso il tempo e lo spazio, dalla fruizione fino alla conservazione.

Il fotografo di oggi è Elliott Erwitt, ebbene si ho scomodato un mostro sacro della fotografia!

Elliot Erwitt
Elliot Erwitt

Ciò che adoro del suo modo di guardare il mondo è il sentimento, la capacità di far passare con intensità inaudita l’emozione  che al momento dello scatto deve aver catturato la sua attenzione: l’ironia, la tenerezza, la passione, il dolore, la distanza sono solo alcune delle parole che lego alle sue immagini conservate nella mia memoria oltre che nel pc. Ma anche questa altro non è che una mia traduzione…

Elliot Erwitt
Elliot Erwitt

tradurre, non dire cosa vuol dire

Abbandoniamo pertanto ogni volontà di interpretazione oggettiva dell’opera. Non illudiamoci di capire, ma godiamoci il privilegio di ricreare quel corto circuito emotivo che dà vita a ciò che chiamiamo arte ogni volta che i nostri occhi vi si posano.

Rubo a Chandra Livia Candiani i versi che descrivono il gioco di sguardi della foto che ho scelto. Il movimento spiraliforme che sposta vorticosamente il punto d’interesse della scena da lui a lei che sfocata sta per uscire fuori dall’inquadratura.

Elliott Ewritt
Elliott Ewritt – Rudolf Nureyev, dancer & choreographer, 1963.

*

Te ne stai lì sognante
dentro la tua fotografia
sopra il leggio
al posto del libro da tradurre:
devo tradurti tutto
adesso
sminuzzare la vita
in bisbigli, pulviscoli, puntini
di sospensione, passetti
accentati di gatto e devo tradurmi
il tuo sorriso di fumo,
tanto contenta un giorno prima
di svanire, lo sguardo
riconosciuto dall’infinito,
strappato via da un soffio:
tradurre, non dire
cosa vuol dire, ma trasportare
in altra lingua.
Come tradurti che a scuola
la bambina Iulia ha scritto:
l’addio è la fragilità
tra gli amici.

da Pianissimo per non svegliarti in “La bambina pugile” di Chandra Livia Candiani

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