La ragazza nella nebbia

Quando un film riesce a risultare riuscito o avvincente? Forse quando si presta a più chiavi di lettura e non smette d’interrogare e spiazzare lo spettatore, rendendosi meritevole di più visioni e di nuove interpretazioni. A volte, invece, ci troviamo di fronte a uno spettacolo gradevole ma privo di profondità e di ambivalenze sul piano del linguaggio cinematografico. Nel caso della commedia “Terapia di coppia per amanti”, si assiste proprio a qualcosa di garbato e a tratti divertente ma che vive di rendita sulla base dell’idea iniziale. La regia di Alessio Maria Federici e la sceneggiatura di Diego De Silva (in collaborazione con lo stesso regista), l’autore dell’omonimo libro da cui è tratto il film, si accontentano di rimanere in superficie, sfruttando le doti del cast (su tutti la partecipazione di Franco Branciaroli) e le musiche di Rorigo D’Erasmo senza innovare o andare oltre il già visto.

Cerca di puntare su qualcosa di nuovo ma anche di antico, citando e ricalcando la lezione dei grandi autori nel campo del thriller, invece “La ragazza nella nebbia”, primo film dello scrittore Donato Carrisi, come regista e sceneggiatore. Non mancano le suggestioni visive, un buon senso dell’inquadratura tra buio e mistero, con la fotografia di Federico Masiero e l’uso ad effetto di montagne e scenari naturalistici.

 

Si coglie pure un invito, tra le pieghe della scrittura e di un’immagine nel segno dell’ambiguità, a riflettere su potere, mass media e cosiddetta giustizia, seppure questo aspetto non venga sviluppato in maniera originale. Gli attori, tra alti e bassi, contribuiscono a rendere vivo l’intreccio, tratto da un romanzo di successo (per Longanesi) firmato dallo stesso Carrisi – Toni Servillo, Alessio Boni, Jean Reno, Michela Cescon, Lorenzo Richelmy, Galatea Ranzi, Lucrezia Guidone, Antonio Gerardi, Greta Scacchi – ma il mistero perde un po’ del suo fascino perché i segreti e le ossessioni del protagonista (l’ispettore Vogel impersonato da Servillo) non si sposano al meglio con le peculiarità dello stile filmico. Allora ci si perde nei colpi di scena senza rimanere avvinti dal linguaggio cinematografico. La fattura non è male, il racconto coinvolge ma si rimane in superficie, con la sensazione che manchi qualcosa in termini di spessore.

 

Marco Olivieri

 

Immagini tratte dalla pagina Facebook del film.

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