InVersi Fotografici – Della bellezza terribile – Boris Mikhailov Vs Elena Svarc

L’InVerso fotografico di oggi è inquieto e imprevedibile come la scrittura di Elena Svarc e la fotografia di Boris Mikhailov.

Il corpo partecipa drammaticamente alla costruzione delle metafore.

I versi della poetessa russa Švarc indagano con maestria e curiosità morbosa l’universo della condizione femminile, tra elementi fisici e metafisici. La fotografia di Boris Mikhailov definita come “nuova metafisica” o “bellezza terribile” esplora con sincerità la posizione dell’individuo e la condizione di vita della popolazione prima  e dopo il collasso dell’URSS.

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Nato nel 1938 a Kharkov, Mikhailov studia Ingegneria, avvicinandosi alla fotografia da autodidatta. Nelle prime foto sovrappone le diapositive, indagando il sentimento di ambivalenza diffusa che regnava tra i cittadini dell’ex Unione Sovietica. La fotografia sociale di Mikhailov, traduce il sentimento di un popolo in un determinato momento storico, riflesso attraverso i sentimenti forti e contrastanti di opposizione e appartenenza. Una fotografia decisa, che disturba. Un’osservazione dall’apparente tessuto documentaristica,  che si rivela ad una attenta analisi emotiva e concettuale.

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Con “Sots Art” (1975-1986) e “Luriki” (1971-1985) a metà strada tra l’arte concettuale e la fotografia documentaristica, Mikhailov interviene con il colore, pitturando a mano le immagini, al fine di dare una nuova interpretazione di un’ estetica visiva standardizzata. In “Red Series” (1968-1975) Mikhailov  dissacra con ironia la disfatta della rivoluzione, evidenziando la presenza del suo colore simbolo, il rosso, nella vita quotidiana.  In “Case History” (1997-1999), il fotografo ucraino ritrae a grandezza naturale la sofferenza dei senza tetto, figli di una classe media scomparsa con il crollo dell’ Unione sovietica.

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Spesso è protagonista il corpo, rappresentato senza censure nella sua dolente fragilità, come nella serie “I Am Not I” (1992). È l’artista stesso che si mette in scena, in corpo nudo, in un’esilarante sequenza di azioni al contempo classiche e beffarde, utilizzando oggetti di uso quotidiano.

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Le altre serie – fra cui Yesterday Sandwich (1972-75), Salt Lake (1986), By the Ground (1991), Football (2000), Superimpositions from the 60/70s The Wedding (2005) –  costituiscono altrettanti capitoli di una narrazione che, alla banalità, alle fratture o al grottesco della Storia, oppongono la resilienza delle tante storie individuali, a volte giocose, a volte impietose.

Diversi e uguali (“io non sono io”) nel dare appunto rappresentazione a chi siamo, in fondo, come “essere umani”

 

Elena Svarc è tra le personalità più rilevanti del panorama letterario russo contemporaneo. Personalità tanto eccentrica quanto riservata e sfuggente, indaga gli opposti della natura e dell’animo umano: lo scontro tra il fuoco e l’acqua, l’opposizione tra luce e oscurità, l’idea di fuga, la ricerca lacerante dell’amore e di una libertà ultraterrena. Ricorrenti nella sue poesia due differenti eroine: la poetessa romana Cinzia, che nonostante ambientazioni e personaggi romani, usa un linguaggio contemporaneo per fare osservazioni su concetti come sessualità, aspettative sociali, violenza; e Lavinia, una suora che lotta per vincere le sue pulsazioni sessuali e per indagare il rapporto delle donne con Dio così come il posto delle donne nel mondo.

*

Una notte semplice di stelle e lacrime
Anche se la gente dormiva, gli angeli s’agitavano
E chiedevano: E’ riuscito davvero?
Non vi siete sbagliati? Non vi è sembrato?
“Giuro che sulla terra in una stretta storta di parole
L’acqua e il fuoco oggi si sono sposati”
Come si agitavano in cielo
E come ribolliva il mare dei sogni –
L’acqua e il fuoco fondendosi trasfigurarono,
nelle bottiglie rotonde delle parole russe
Si baciarono con mesta lunghezza.

 

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*

Il moto circolatorio del tempo nel corpo

Questa ragazza è la figlia di qualcuno,
Ha negli occhi acqua azzurra,
Nell’inguine – una sorda notte lacera
E una stella rosata.
Ma nel suo cuore – che ora è?
Tra il cane e il lupo.
Azzurro e crepuscolare cola il raso
Sotto l’ago conficcato nel centro.
Ha sulla fronte un giardino antelucano –
E’ avvampata l’alba – ecco ora farà giorno,
Ma è già sulla tempia il tramonto purpureo,
Sulla spina dorsale s’arrampica la notte.

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La resurrezione delle parole

Quanti milioni di parole ti ho detto

Nella taiga dagli alberi non sono cadute cosi tante foglie.

Da quando non hai potuto sentirmi

Oh quante parole disperse sui giorni come sabbia:

Io vaniloquio, furba ho mentito

“cuci, canta, sbrana, dimentica, dormi”

Dimentiche tutte le parole, cadute nel profondo

“Mi seguirai? – E io ti seguirò?”

Covare delle parole sulle vie, nelle case!

I loro atomi corrono, crescono nei giardini come erba.

Così nella cripta romana, nella chiesa antica

Il pulviscolo del linguaggio bisbiglia sui muri

Si mescola con le spoglie, si fa sale di amore e fede.

Sale nero: la resurrezione attende.

E là in qualche posto, in umidi scantinati,

L’ombra di una lettera si dimena, per animarsi nelle

Parole


Boris Mikhailov è un fotografo ucraino. Durante il regime Sovietico, mentre lavora come ingegnere in una fabbrica di Kharkiv, si dedica alla passione per la fotografia, con le prime esposizioni risalenti agli anni Sessanta. Dopo che gli agenti del KGB scoprono alcuni scatti di nudo della moglie, viene accusato di distribuire pornografia e viene costretto ad allontanarsi dal posto di lavoro. Forzato a sopravvivere con occupazioni saltuarie, riserva il tempo che gli rimane per portare avanti la sua ricerca. Nelle sue serie fotografiche, Mikhailov approfondisce diversi temi sociali, facendo uso di esempi concreti per mostrare lo stato in cui verte la società e i cambiamenti provocati dalla perestroika. Negli anni Novanta Mikhailov comincia a esporre in Occidente e riceve presto l’attenzione della comunità artistica internazionale. Le maggiori istituzioni degli Stati Uniti e dell’Europa hanno ospitato le sue mostre personali, e le sue opere sono conservate nelle collezioni del Metropolitan Museum e del MoMA (New York); del SFMoMA (San Francisco), del Victoria & Albert Museum (Londra).
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Dal 14 novembre al 1 febbraio 2016 il Museo Madre di Napoli ha ospitato la mostra fotografica “Io non sono io” di Boris Mikhailov (Kharkov, 1938), a cura di Andrea Viliani ed Eugenio Viola, in collaborazione con Incontri Internazionali d’Arte e Polo museale della CampaniaVilla Pignatelli-Casa della Fotografia.

Elena Švarc (nome completo in russo Елена Андреевна Шварц) è una poetessa russa, considerata tra le più innovative e piene di talento degli ultimi decenni. La sua poesia satirica e provocatoria, che si concentra su aspetti universali dell’esperienza femminile, è stata molto lodata dalla critica[1] e molte poetesse, incluse Bella Achatovna Achmadulina e Ol’ga Aleksandrovna Sedakova, le hanno dedicato poesie. La Švarc continua la tradizione di Velimir Chlebnikov, Michail Alekseevič Kuzmin, Marina Ivanovna Cvetaeva e Nikolaj Zabolockij, anche se nessuno di loro può essere considerato il suo maestro: la sua fantasia e il suo stile sono del tutto individuali.Verso la metà degli anni Ottanta le sue poesie vengono pubblicate sulle principali riviste letterarie dell’Occidente (in America, Francia, Germania e Inghilterra), e alcune vengono tradotte in inglese. Grazie a questo, Elena Švarc diventa famosa prima all’estero che in Russia. Non deve sorprendere che il suo primo volume di poesie in russo Tancujuščij David (trad. inglese Dancing David), sia stato pubblicato a New York, e che il seguente Stichi (trad. inglese Verses) sia stato pubblicato a Parigi e Monaco nel 1987. Quando finalmente nel 1989 la Perestrojka lo ha reso possibile, la sua prima raccolta di poesie apparsa in Russia, Storony sveta, è stata esaurita il giorno stesso dell’uscita. Da allora, ha pubblicato una raccolta ogni anno.

Nel 1999 ha vinto il premio Northern Palmyra per la letteratura. Quattro anni dopo, ha ricevuto il premio Triumf per la sua raccolta di poesie in due volumi, Sočinenija Eleny Švarc (trad. inglese Collected Works by Elena Shvarts). Nel 2004 è stata insignita del premio Gogol’ per la sua raccolta di prose Vidimaja storona žizni (trad. inglese The visible Side of the Life).

 

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