Lo sbarco in Sicilia, la mafia e Pif

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Ancora Arturo e Flora, come nel fortunatissimo “La mafia uccide solo d’estate”. Solo che, nel nuovo film di Pierfrancesco Diliberto in arte Pif, regista e interprete, non si è più nella Palermo degli anni Settanta, fino alle stragi del 1992, ma nella Sicilia bombardata dagli americani e poi liberata con lo sbarco.

 Il legame a New York fra Arturo (Pif) e Flora (nel precedente Cristiana Capotondi e qui Miriam Leone) è il pretesto di “In guerra per amore” per raccontare l’alleanza tra esercito statunitense e boss mafiosi, preziosa per conquistare l’Isola in modo indolore. Un patto segreto alla base della nascita della Repubblica e dell’assoggettamento siciliano a un’altra dittatura: quella criminale.

Regista e sceneggiatori – sempre Diliberto, Michele Astori e Marco Martani – si affidano al personaggio Pif e a quella che è la sua cifra stilistica come comico e artista: un mix di ingenuità e improbabilità nel quale il senso del tragico e gli elementi agrodolci affiorano quasi casualmente in stretta correlazione con la sua innocenza di figura inconsapevole. Il meccanismo funziona in “La mafia uccide solo d’estate” e viene replicato adesso nel nome di una grammatica cinematografica elementare, quasi televisiva, che permette però allo spettatore di rimanere soddisfatto, complice la gradevolezza delle situazioni e dei personaggi. Anche “La mafia uccide solo d’estate” puntava su questa grammatica elementare, in funzione dell’attesa del pubblico.

Nel complesso, si rimane nell’ambito del bozzetto, con qualche intuizione felice in meno rispetto al precedente film. La macchina narrativa risulta infatti più farraginosa. Non mancano un’estetica e sequenze stereotipate, tra echi di Tornatore e le musiche continue di Santi Pulvirenti, ma il prodotto rimane comunque godibile.

Girato a Erice e in altri ambienti siciliani, come le saline di Trapani e la Scala dei Turchi, “In guerra per amore” è nel segno della sicilianità anche negli interpreti, a parte Andrea Di Stefano (il tenente Catelli), Vincent Riotta (il maggiore Maone) e l’anziana devota alla Madonna impersonata da Aurora Quattrocchi: dal boss incarnato con piglio istrionico da Maurizio Marchetti, vera e propria maschera della mafia che si fa “sistema”, a Miriam Leone, Stella Egitto, Sergio Vespertino, Maurizio Bologna, il piccolo Samuele Segreto, Orazio Stracuzzi e Antonio Alveario (in un cameo), tra gli altri.

La professionalità di attori e collaboratori, dal direttore della fotografia Roberto Forza al montatore Clelio Benevento, con la produzione Wildside e Rai Cinema, è al servizio di alcune idee in fase di sceneggiatura e di parecchie pigrizie in termini di regia.

Marco Olivieri

Buona parte della recensione è tratta dalla rubrica Visioni del settimanale 100nove Press (10 novembre 2016).

Immagini tratte dalla pagina Facebook del film.

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