Nel 2015 la casa editrice Ensemble pubblicò “Carne sacra”, un bel libro opera della giovane Valentina Calista, che seguì “La vertigine dell’andatura” del 2012. La Calista, che attualmente sta completando gli studi presso l’università di Reading in Inghilterra, riprende in questi inediti alcune dei leitmotiv che erano già presenti nei suoi scritti passati e che caratterizzano interamente il suo percorso di scrittura. Il tempo, un certo senso del divino, da intendere come componente ultrafisica, e last but non least l’azione del corpo, l’agnizione del corpo altro, a cui segue una componente virgiliana, spesso usurata e sovraesposta, del “omnia vincit amor” ma che viene vissuta e resa nuova. La scrittura della Calista sta crescendo e lei sta lavorando per essiccare il proprio stile in una maturazione stilistica precisa, ben definita ed esplosiva.
La casa conquistata dai profumi del buon fare
il pane l’olio il vino, le nostre voci sibilare
le dense parole del costruire e del mescolare.
Legna arsa ad ogni passo di tramontana,
la lana fodera ogni lacrima di gioia.
La noia, appesa bellezza nell’assenza temporale.
Regale, il nostro unirci ad ogni passo di dolore.
L’amore.
Salgo le scale della nostra casa
esco allo scoperto lascio i vestiti
le scarpe e le Altre. Sono aria sono
aria sparsa per il mio intorno e di più.
Seguo il volo di una gazza, io ladra
di particelle di vita fermentata.
Bevo dalla foglia ciò che finalmente
sono. Non Io ma io. Cosa strana,
esco allo scoperto lascio i libri e le sentenze
le lagnanti storie della monografia, i vestiti
della giustezza sociale che avevo cucito.
Ma non più il mio corpo li vuole, li ama.
Nuda. Come presenza bellissima di neve
silenziosa come l’adorazione, come la sete.
DA CARNE SACRA
Bevete pure la vita
con ghiaccio e gin
e riflettete il viso
nei bicchieri vuoti
non sapendo più nulla
del vostro nome
In mare aperto è salito il vapore
di un’alba partorita al buio.
Un albero scavato, un’arca di morte,
le carni strapazzate, disgraziati corpi
vestiti di nulla.
Piantiamo croci negli abissi,
mangiamo
(in compagnia della morte)
nelle case vere, quelle con il tetto
di pietra senza prua senza dolore.
Intrecciamo lo sguardo al disperdersi
delle anime macchie di petrolio,
carne afflitta sulle iridi di tutti.
Non ci basta la morte, servono
altre croci da piantare negli abissi,
nello specchio d’acqua dove è nato
anche Giuda.