Smetto quando voglio – Masterclass

Smetto quando voglio

Nel 2014, la commedia “Smetto quando voglio” ha dimostrato che ci si può discostare dai prodotti fatti in serie. Un regista esordiente, il trentenne salernitano Sydney Sibilia – anche sceneggiatore con Valerio Attanasio e Andrea Garello – e una buona produzione (Ascent Film e Fandango) sono stati al servizio di un cast affiatato, in un quasi sempre efficace misto di gag e racconto semiserio della contemporaneità. Un modo per affrontare in modo divertente e provocatorio il dramma del precariato, subito da chi vanta dottorati e master, un’ottima preparazione culturale e nessuna possibilità di un lavoro stabile e ben retribuito. Un film dinamico, con esiti spesso esilaranti, che si è trasformato in una trilogia stile americano.

Ecco quindi il nuovo episodio “Masterclass”, in attesa del terzo, annunciato nell’epilogo del sequel. Tuttavia, questo nuovo capitolo dei personaggi interpretati da Edoardo Leo, Libero De Rienzo, Valerio Aprea, Pietro Sermonti, Valeria Solarino, Stefano Fresi, Lorenzo Lavia e Paolo Calabresi, con l’innesto di Greta Scarano e Giampaolo Morelli, risulta più fiacco, vivendo di rendita e non valorizzando il potenziale comico delle varie maschere. Figure di improbabili malavitosi, che utilizzano un linguaggio aulico mentre si ritrovano di nuovo coinvolti nell’ambito delle droghe non ancora illegali. Questa volta, però, i componenti dell’ormai celebre banda di ricercatori disperati, bloccata dalla polizia, si trasformano in  singolarissimi collaboratori (in segreto) degli inquirenti, sempre con effetti tragicomici.

Nel finale, non mancano i momenti da film d’azione, temperati dall’ironia, con la sorpresa di Luigi Lo Cascio come antagonista, in vista del terzo titolo, e con una conclusione amara. Nel complesso, “Smetto quando voglio – Masterclass” ricalca pure visivamente, nello stile dinamico del regista e nella fotografia (quasi da videoclip) di Vladan Radovic, il precedente. Così come la sceneggiatura di Sibilia, Francesca Minieri e Luigi Di Capua si rivela prevedibile, malgrado punti su un epilogo nel segno del disincanto, e i personaggi interpretati da Leo e Fresi funzionano meno. Prodotto da Domenico Procacci e Matteo Rovere, il film si può vedere ma si dimentica facilmente.

Marco Olivieri

Buona parte della recensione è tratta dalla rubrica “Visioni” del settimanale “100nove Press” del 9 febbraio 2017.

Immagini tratte dalle pagine Facebook del film.

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