Le narrazioni (a cura di Daniele Greco) – Elmar Grin, “Vento del sud”, Marcos y Marcos, 2016

di Daniele Greco

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Elmar Grin, Vento del sud, Marcos y Marcos, 2016

Vincitore nel 1947 del premio Stalin e pubblicato l’anno seguente in Italia dall’editore Macchia, Vento del sud di Elmar Grin è stato ripubblicato da Marcos y Marcos nella versione del 1948 con la traduzione Pietro Zveteremich.

Ambientato nel periodo della Guerra d’inverno che vide contrapposte Finlandia e Unione sovietica, il libro racconta la vicenda di due fratelli e della loro comunità finlandese. Einari Pitkianiemi è un bracciante poverissimo che vive in una sola stanza con la moglie Elsa e i due figli. Lavoratore incrollabile, fiero e rispettoso, è alle dipendenze di Vihtori Kurkimiaki, il padrone delle terre e dei caseifici della zona. Einari incarna i valori autentici della Finlandia arcaica, rurale, reticente e laboriosa di quegli anni. Solo gli importa ottenere, presto o tardi, quel pezzo di terra sul quale vivere serenamente i restanti anni della sua vita con la famiglia, cercando costantemente di allontanare da sé i dubbi circa la vanità di un simile sforzo.

«Nelle differenti stagioni dell’anno Dio adorna in modi diversi la nostra terra affinché noi possiamo sentirne sempre la bellezza e amarla. Ma noi non abbiamo neppure il tempo di guardarla come si deve. Ci distruggiamo tra di noi o lavoriamo finché ci scricchiola la schiena. A che serve tutto questo?» (p. 63).

Antipode a Einari è, invece, suo fratello Vilho. Di carattere irascibile, inquieto e impaziente, questi è sedotto dalla vicina Urss per via della speranza di un lavoro salariato, dei diritti concessi ai lavoratori e rappresenta la smania di modernità di quanti volevano abbandonare la sottomissione arbitraria ad un padrone.

I due non potrebbero essere più diversi. Il loro rapporto è sempre conflittuale, Vilho irride il fratello per via della sua sottomissione a Kurkimiaki, vorrebbe che mollasse tutto, ha delle frequenti liti con lui, ma Einari è fin troppo docile e chiuso nella cieca obbedienza a un padrone che gli ha promesso ciò che desidera.

Elmar Grin, come si noterà, calca molto la mano sul modo remissivo e rassegnato di Einari, perché vuole esacerbare i tratti del protagonista, il quale tardivamente aprirà gli occhi sul mondo attorno a sé, capendo quanto la sua incrollabile buonafede gli avesse fatto collezionare solo delle illusioni.

Quando arriva la guerra Vilho è tra i primi a partire. La sua vicenda è rocambolesca. Scompare, di lui non si hanno più notizie. Circola solo la voce che era stato torturato brutalmente dai sovietici, salvo riapparire sulla scena, andare a trovare il fratello per riprendere il filo dei loro antichi litigi e scomparire ancora.

Einari, invece, che sperava di essere risparmiato entra nel conflitto a 36 anni di età, anche in questo caso obbedendo ciecamente al proprio senso del dovere.

«Mi dissero che dovevo difendere il mio paese dai russi, e io andai a difenderlo. Non volevo che mi portassero via le mie quattro aiuole. Ne avevo bisogno io. Vi avevo fatto crescere tante cose  buone di cui riempivo i miei ripostigli, la cantina e la soffitta. Sarei potuto morire di fame insieme alla mia famiglia se i russi mi avessero portato via quell’orto. Non potevo assolutamente perderlo, assolutamente no» (p. 132).

Presto, però, la guerra stravolge la vita di Einari, anzitutto nel rapporto col tempo. Al passare degli anni, avvertito nel succedersi delle stagioni e dei lavori manuali, subentra l’esistenza sempre uguale delle trincee, la paura costante di essere catturato o ucciso dai russi e il pensiero fisso di inviare alla moglie, Elsa, tutto il denaro ricevuto come soldato al fronte.

Nulla sarà come prima e, al termine del conflitto, la sorte dei fratelli si sovrappone al destino di una intera nazione. Einari e Vilho non sono solo due tipi umani finlandesi, ma sono i caratteri emblematici, lo spirito di un paese diviso tra passato e futuro che aveva necessità di trovare una sintesi per andare avanti. E questo miracolosamente accade, perché il loro contrastato e conflittuale rapporto fraterno li farà scoprire degli aspetti che essi pensavano di non avere.

Le gesta e le parole dette dai due, che per anni si erano cercati, allontanati e alla fine ritrovati nelle pagine della celebre e liberatoria sbronza finale, avevano scavato una nicchia nel profondo di ciascuno di essi modificando profondamente i tratti più accesi dei rispettivi caratteri.

Einari fa propria una ribellione che non gli era mai appartenuta, capisce chi e come si era sempre approfittato della sua buonafede e trova, infine, il coraggio per mutare vita; Vilho, invece, dopo l’ennesima moto di rivalsa, questa volta ai danni del padrone Kurkimiaki, riesce a incanalare l’inquietudine, il coraggio e il suo eloquio brillante nella carriera di giornalista al servizio, dunque, non solo di se stesso ma di una intera comunità.

Nelle loro due vite parallele c’è la sorte di un paese straordinario che avrebbe saputo fare tesoro dei conflitti e delle sofferenze occorse nel “secolo breve” e guardare al futuro come Einari guarda a quella prima giornata di primavera annunciata dal vento del sud che dà il titolo al romanzo.

«Vi sono dei giorni nella vita in cui per qualche segreto motivo, si vuole cantare o gridare a gola piena qualcosa. Ma perché far chiasso inutilmente? Se si ascolta e si guarda attentamente quel che c’è in giro, si capisce che nella rigida Suomi tutto canta in giornate come queste, quando soffia il vento del Sud. La terra comincia a respirare l’aria tiepida e nuova» (p. 247).


In copertina: Elmar Grin (fonte: www.marcosymarcos.com)

 

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