Neruda e il romanzesco cinematografico

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Sulla sua pagina Facebook, così lo scrittore Paolo Di Paolo si è pronunciato sul film di Pablo Larraín (“No – I giorni dell’arcobaleno“, “Jackie”): “Andate a vedere «Neruda». Sembra un film sulla vita di un grande poeta, sulla sua sfida al potere nel Cile di Gabriel González Videla. Ma forse il protagonista non è Neruda, e nemmeno il poliziotto che lo insegue. Attraverso un lavoro geniale sulla voce narrante, Larraín fa un film sulla scrittura, su come le parole fanno esistere le cose e le persone, su come un racconto è sempre una forma di riscatto e di sopravvivenza: «Ero di carta, ora sono di sangue»”.

Di Paolo ha ragione: “Neruda”, scritto da Guillermo Calderón, si distingue per l’appassionata riflessione sulla creazione artistica in un intreccio di accadimenti storici e di reinvenzione filmica, di vita vera e di autenticità nell’esplorare il possibile. Ovvero, i chiaroscuri di una memoria ipotizzata e ripensata, nel segno del romanzesco. Il tutto viene esposto in una forma filmica esaltata da una regia e una fotografia, quella di Sergio Armstrong, che abbagliano e inquietano, oltre a un un uso originale della voce fuori campo.

L’impianto visivo rappresenta una continua interrogazione sul vedere, sul mettere in scena, sull’alternare realismo e fantasia, tra linguaggio poetico, sguardo politico sull’individuo e continui spiazzamenti per lo spettatore. Di rilievo l’ironia, il fascino pittorico delle immagini, le distanze tra popolo e dirigenti intellettuali, l’affresco che contempera la dimensione collettiva e il destino dei singoli.

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L’interpretazione di Luis Gnecco, un Neruda visto senza idealizzazioni e a tratti persino mediocre o perfido, di Gael Garcia Bernal, nel ruolo del paradossale inseguitore, di Mercedes Morán, nei panni della pittrice e moglie del poeta, e degli altri attori contribuisce con efficacia alla riuscita di una partitura dall’andatura anomala. Una partitura, con le musiche di Federico Jusid e il montaggio di Hervé Schneid, che indaga sul non detto e le parti nascoste della Storia e, in definitiva, sugli esseri umani, attraverso la lente speciale della creazione artistica. Presentato alla Quinzaine des Realisateurs di Cannes, il film è candidato all’Oscar per il Cile, anche se nel suo Paese non tutti amano la libertà artistica di Larraín.

Marco Olivieri

Dalla rubrica Visioni del settimanale 109press del 20 ottobre 2016.

 

Immagini tratte dalla pagina Facebook del film.

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