La nuova guerra fredda

Come scrive la redazione di Sirialibano (sito gestito da Lorenzo Trombetta, esperto di Medio Oriente che scrive anche per l’Ansa) su Limes, colpire e distruggere un convoglio di 20 camion con aiuti umanitari destinati a migliaia di civili di Aleppo – è avvenuto il 19 settembre – è un messaggio esplicito, inviato da Putin e Assad all’Onu e agli Stati Uniti: le regole del gioco le decidiamo noi.
L’antecedente a questo crimine di guerra è stata l’azione condotta dalla coalizione Usa (giustificata come un “errore”) contro l’esercito siriano che era impegnato a fermare l’offensiva dell’Isis nell’Est della Siria. Questo incidente, infatti, ha offerto a russi e governativi siriani il pretesto per accusare gli Stati Uniti e gli insorti di aver per primi violato la tregua del 12 settembre; con questo credito, Putin e Assad si sono permessi di compiere la loro ritorsione, alzando il tiro, colpendo i convogli dell’Onu, che dovevano portare quegli aiuti umanitari, richiesti per una settimana dall’Onu e dagli Usa,  alla città più martoriata della Siria, Aleppo. Gli aiuti non sono mai arrivati.
Uno dei vizi dell’accordo russo-americano del 10 settembre è proprio l’inserimento della questione della distribuzione di aiuti umanitari in un patto politico e militare. Così facendo si è formalizzata la politicizzazione della questione umanitaria in Siria: se solo una potenza coinvolta nel negoziato (gli Usa) insiste nel far arrivare gli aiuti ai civili di Aleppo est, in mano ai ribelli, significa che questi aiuti saranno usati dai rivali degli Stati Uniti come carta politica, per esempio bombardandoli per dimostrare chi comanda in Siria se l’America bombarda postazioni del regime di Damasco.

Si legga la notizia originale QUI .

Benché i media rimarchino quanto non si possa appurare in modo documentato chi ha bombardato i camion dell’Onu, e anche l’Onu dichiari che occorre aspettare i risultati dell’indagine, la voce di Ban Ki Moon si è alzata chiara: “Tanti gruppi hanno ucciso molti civili in Siria – ha detto il segretario generale dell’Onu in apertura dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite – ma nessuno ne ha uccisi di più del governo siriano, che continua a bombardare quartieri e torturare migliaia di detenuti”. “La transizione politica è attesa da tempo, dopo così tanta violenza, il futuro della Siria non può rimanere nel destino di un solo uomo”, ha avvertito il segretario generale, ribadendo che “non c’è soluzione militare alla crisi”. QUI

Tutto sembra dargli ragione. Il regime di Assad sostenuto da Putin non vuole in alcun modo allentare la morsa su Aleppo, vuole a tutti i costi una vittoria militare, e persegue l’obiettivo al prezzo di infiniti crimini di guerra e, lo do per certo, anche di crimini contro l’umanità di vaste proporzioni: la storia lo appurerà. Non è un caso che mercoledì passato Kerry, segretario di stato Usa abbia chiesto una No Fly Zone sulla Siria, incassando il No di Mosca. Si noti anche che gli Usa ammettono la paternità dei loro bombardamenti contro il regime di Assad, definendoli uno sbaglio – ed è lecito credergli – mentre Assad e Putin negano sempre la paternità dei loro misfatti, ultimo la distruzione dei convogli umanitari dell’Onu, e negano anche quando le prove sono evidenti.

Come ha detto Obama nel suo ultimo discorso all’Onu, “la Russia sta cercando di riguadagnare la gloria perduta tramite la forza, ma il mondo è troppo piccolo per far risorgere “le vecchie mentalità”.

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