Autori estinti, n. 1: Thomas Wolfe (seconda parte)

(La prima parte dell’articolo è stata pubblicata il 21/04/2016)

Cercando tra i titoli italiani di Thomas Wolfe su anobii.com, si trovano un centinaio di libri, per lo più di narrativa, ma anche di argomento scientifico. I nomi che spopolano sono quelli di Tom Wolfe e Gene Wolfe, entrambi nati nel 1931, e attualmente viventi, famoso il primo per una serie di libri di forte critica sociale (tra cui il notissimo Il falò delle vanità) e il secondo per una serie di libri in stile fantasy-fantascientico.

Non è di loro che si parla in questo articolo, bensì di un autore più misconosciuto, ma ben più importante per la letteratura americana, un autore aspirante a narrare il mito: Thomas Clayton Wolfe, morto a 38 anni nel 1938.

Si può leggere la sua biografia e la sua produzione letteraria sulla (per una volta fatta bene) pagina italiana di Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Thomas_Wolfe, dalla quale si evince che in vita ha scritto solo 5 libri: il primo, su Buck Gavin, non tradotto in italiano; il secondo, che gli ha dato il successo, Angelo, guarda il passato, è fuori commercio (è stato edito da Einaudi in passato) ma è stato recentemente ripubblicato da Elliott (2014) nella forma e con il titolo originali O Lost (si veda al proposito la prima parte dell’articolo); il terzo, Il fiume e il tempo, fuori commercio (edito in passato da Mondadori), seguito del primo, con protagonista sempre l’alter ego Eugene Gant; il quarto, la raccolta di racconti Dalla morte al mattino, in passato edito da SE, ora è di nuovo in commercio grazie a CartaCanta (2014), che ne ha fatto una nuova edizione, nel rispetto della forma originale, a cura di Jacopo Lenkowicz, che compie un ottimo lavoro (opinabilissimo il suo giudizio secondo cui Wolfe sarebbe il “meno dotato” tra gli scrittori americani famosi del suo tempo: peraltro, dopo questa dichiarazione, Lenkowicz lesina molti elogi al Nostro); il quinto, Storia di un romanzo, edito dal Saggiatore nel 1958, è stato riproposto da Fazi nel 1997.

Tutti questi racconti o romanzi sono visceralmente autobiografici, costituiscono i tasselli di un unico opus cui Thomas Wolfe ha dedicato tutta la sua carriera: la narrazione trasfigurata in mito americano della sua vita. Dopo i primi due grandi romanzi, infatti, con protagonista Eugene Gant, Wolfe ha trovato un altro suo alter ego in George Webber, la cui storia è narrata in altri due torrenziali romanzi (usciti postumi quindi senza il taglio della censura del suo famigerato editor Maxwell Perkins) non meno belli dei primi: La ragnatela e la roccia, e Non puoi tornare a casa  (quest’ultimo è forse il suo capolavoro). Entrambi i romanzi sono – ed è un vero crimine – fuori commercio: chi volesse leggerli deve cercare nelle biblioteche.

“Non puoi tornare a casa” parla di uno scrittore, tornato dall’Europa, che si trova a fare i conti con i suoi concittadini inaciditi verso di lui per come li ha descritti in un romanzo di successo: è facile identificare in George Webber il Thomas Wolfe reduce dal successo di “Angelo, guarda il passato”. I due volumi del romanzo raccontano un uomo in cerca di una casa e di una identità, trasformando la provincia americana in una immaginaria contea, secondo un artificio già usato da Faulkner.

Da altri suoi scritti, per lo più postumi, sono stati tratti dei libri in italiano: Orgogliosa sorella morte, pubblicato nel 2010 da Mattioli1885, è un racconto lungo già presente in Dalla morte al mattino; Ho una cosa da dirti, pubblicato da Passigli nel 2010, è un inedito interessante che racconta il soggiorno di Wolfe nella Germania nazista, le sue opinioni su Hitler e i tedeschi: questo breve racconto autobiografico verrà poi rielaborato ed integrato nel romanzo Non puoi tornare a casa.

L’opera di Wolfe è un’unica grande epopea autobiografica, suddivisa in vari volumi: ogni suo romanzo non è altro che la continuazione del precedente, e ingloba gli scritti d’occasione che intanto Wolfe pubblicava nelle riviste o come racconti. Quest’opera di cristallina qualità letteraria è a tutt’oggi in gran parte fuori commercio o difficile da reperire.

C’è però la possibilità che venga resa giustizia alla grandezza di Thomas Wolfe: è uscito a luglio negli USA, e uscirà il 10 novembre in Italia, il film Genius, che ha come personaggio protagonista l’editor Maxwell Perkins (Colin Firth), che tanti dispiaceri ha dato a Thomas Wolfe sforbiciando senza pietà le molte centinaia di pagine dei suoi quattro romanzi principali. L’editor, considerato giustamente scopritore di geni (Wolfe, Hemingway, Scott Fitzgerald) viene descritto nel film in rapporto alla sua relazione con Wolfe (Jude Law). Perkins appena lo conosce lo identifica come promettente scrittore di talento e, forse, di successo a condizione che sappia “contenersi” nei suoi romanzi: a questo penserà lui, Perkins, vista la voracità di Wolfe che gli impedisce di tagliare brani, togliere vicende, a favore di una volontà volta a fagocitare e mettere su carta ogni aspetto della vita. Di certo Perkins ha il merito di aver reso pubblicabile, ossia prodotto di commercio, l’opera caotica di Wolfe, ma è tutto da dimostrare che l’editing di Perkins abbia prodotto un’opera letteraria (Angelo, guarda il passato) migliore di quella originale e più prolissa dell’autore (O Lost) – e lo stesso discorso vale per il successivo Il tempo e il fiume. In ogni caso, quello che importa è che finalmente ci sarà un film dove lo scrittore di talento in primo piano non è Hemingway o Scott Fitzgerald, ma l’incontenibile, il torrenziale (è l’aggettivo che più gli è stato affibbiato dalla critica), il quasi dimenticato Thomas Wolfe, cui spetta un ruolo di primo piano nella letteratura americana e mondiale del primo Novecento.

http://www.mymovies.it/film/2016/genius/

(continua)

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