Insetti e malìe fermati da un viaggiatore elvetico. Il tema dell’orrido nei viaggi orientali di Nicolas Bouvier

di Diego Conticello

Quanto il borioso occidentale-medio può essere ignorante sulla gnosi di latitudini ‘altre’ (orientali)? Non ci basta aver letto Hesse, come esserci vantati d’aver squarciato qualsivoglia velo di Maya, o ancora convertiti allo Zen grazie al tomo di turno leggiucchiato tracannando cola e ingurgitando hamburgers. Peggio ancora per osmosi imitativa, oroscopica o cabalistica col “modello” dello star-system che meglio ci aggrada (e qui tralascio per troppa indecenza…!).
A volte è fondamentale prima d’iniziare una lettura, cimentarsi col retro copertina; si potrebbe incappare in frasi del tipo: «Non si viaggia per addobbarsi d’esotismo e di aneddoti come un albero di Natale, ma perché la strada ci spiumi, ci strigli, ci prosciughi». Quest’ultima è la risposta alla quaestio iniziale e ve la fornisce Nicolas Bouvier (Grand-Lancy, 6 marzo 1929 – Ginevra, 17 febbraio 1998), elvetico di lingua francese, pertanto lontanissimo dall’Orelli lumbard che dimorava sul lago di Lugano, o da Fabio Pusterla.
L’isola di Sri Lanka (al secolo Ceylon), fiore emerso da estremi letami da sub-Gange, già di per sé ancestrale alla pupilla del borghese di ponente, viene rivoltata di netto, per essere dipinta a tinte inusitate, sprovviste talvolta del tempo stesso, ma mai delle cornici. Omuncoli dall’anatema facile vi si barcamenano e l’autore ne delinea anche gli aspetti religiosi. Egli sembra rimanere schiacciato da questa allucinata sceneggiatura che – inesorabile – gli corrode l’ipotalamo; ma resiste sul filo dell’oblio nel solo intento d’enarrarla, unico atto con ‘scaturigine’ di vita. Le sue ossessioni si raggrumano in un’aberrante focalizzazione: l’esistenza serrata di repellenti (per questo forse poetiche) varietà entomologiche. Allora si smaschera una vena (arteria?) barocca, e intendo di quel gusto per l’orrido precipuo di un certo barocco ‘faunistico’, dal flusso maggiorato. Sorgono da crepature legnose, per giungere al foglio limpido, termini quali: chitina, elitra, icneumone, scolopendra destanti, nella mente oramai traviata del lettore, un senso di raccapriccio misto a lirismo dato dall’immane distanza (vedi uomo contemporaneo alieno alla natura) coll’empirismo esperienziale.
Maestose perché frugali inoltre le righe delineanti quel paesaggio dimesso, stremato che tuttavia si dona a spazi boreali, slargati, mistici nell’estasi d’una contemplazione malsana.
Il miracolo di Bouvier? Dare inchiostro alla stessa terra, a ogni sua zolla, perché rimostri da sola le proprie fattezze d’ametista; perché possa evadere da calure deformanti per restituire nèumi che nemmeno un cleptomane ariano (con tutto il rispetto per il poeta) è capace di saper fermare!

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Figlio di Auguste Bouvier, bibliotecario a Ginevra, e di Antoinette Maurice, Nicolas Bouvier compie il suo primo viaggio solitario in Norvegia, a 17 anni. Presso l’Università di Ginevra segue corsi di storia medievale e sanscrito.

Nel 1948 il quotidiano La Tribune de Genève lo invia per un reportage in Finlandia. Nel 1950 viaggia nel Sahara algerino per conto di un altro giornale, Le Courrier.
Nel 1951 parte assieme agli amici Thierry Vernet e Jacques Choisy da Venezia e si reca fino a Istanbul. Nel 1953, si spingerà oltre: a bordo di una Topolino, in compagnia di Thierry Vernet, attraverserà la Jugoslavia, la Turchia, l’Iran e il Pakistan. Un anno e sei mesi dopo, i due amici si separano a Kabul, e Nicolas Bouvier continuerà solo il suo cammino attraverso l’India. Arriva a Ceylon dove, malato e depresso, resta durante sette mesi. Questo doloroso soggiorno sarà descritto in Le Poisson Scorpion (Il pesce scorpione), pubblicato solo molto più tardi (1982). Il viaggio invece è dettagliato nel libro L’Usage du monde (1963).
Nell’ottobre del 1955 si imbarca su una nave francese delle Messageries maritimes che lo condurrà in Giappone, dove resterà un anno, scrivendo articoli per giornali e riviste giapponesi. Tornerà via nave a Marsiglia alla fine del 1956.
Nel 1958 sposa Eliane Petitpierre, figlia del consigliere federale Max Petitpierre e nipote di Denis de Rougemont. Si installano a Cologny. Dal 1958 al 1963 (anno in cui muore suo padre), lavora come iconografo per l’OMS e la Nouvelle Bibliothèque Illustrée des Sciences et des Inventions delle Éditions Rencontre. Nel corso dei suoi lavori riunisce un ricchissimo archivio personale, in cui si trovano in particolare stampe popolari e incisioni tecniche. Dal 1964 al 1965 tornerà in Giappone in compagnia della moglie. Seguiranno altri viaggi in Asia (Giappone, Corea del Sud, Cina) e in Europa (Irlanda).
Nicolas Bouvier muore il 17 febbraio 1998. In suo onore esiste un collège nel quartiere “des Délices”

(fonte: Wikipedia)

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