Collaborare con Israele? Brian Eno preferisce la salvaguardia dell’arte

NON VOGLIO CHE LA MIA MUSICA SIA CONCESSA IN LICENZA PER QUALSIASI EVENTO PROMOSSO DALL’AMBASCIATA ISRAELIANA (B. Eno)

Martedì 6 settembre, nell’ambito del festival MiTo, la musica di Brian Eno non ha inaugurato TorinoDanza, come previsto dal programma. Lo abbiamo appreso da vari giornali, tra cui Repubblica

http://torino.repubblica.it/cronaca/2016/09/05/news/brian_eno_via_la_mia_musica_dallo_spettacolo_pro-israele_scoppia_il_caso_a_torino_danza-147208541/

Il musicista ha negato l’uso della sua musica per lo spettacolo “Tre” in quanto sponsorizzato dall’ambasciata israeliana. Brian Eno, insieme a Roger Waters (che mesi fa scrisse a Veloso e Gil esortandoli a non fare i concerti che avevano fissato in Israele) e ad altri musicisti è sostenitore della campagna internazionale “Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni” (BDS) contro Israele per la sua occupazione dei territori palestinesi. La campagna di boicottaggio, partita dalla società civile palestinese, si è diffusa in vari ambienti pacifisti ebraici israeliani e in tutto il mondo, specialmente in Sud Africa, dove Desmond Tutu non smette di ricordare le analogie dell’apartheid sudafricana con quella israeliana, e nei paesi anglosassoni.

Brian Eno ha sottoscritto assieme ad altri 1700 artisti inglesi la dichiarazione “Artisti per la Palestina”, con la quale si è impegnato a non intrattenere rapporti con il governo israeliano, pertanto ha proibito l’uso della sua musica, che avrebbe dovuto fare da base a “Humus”, il secondo atto di “Tre”, ideato dal coreografo direttore di Batsheva, Ohad Naharin.

In una magistrale lettera alla compagnia Batsheva, Eno ha dichiarato:

“Caro Ohad Naharin, cara Batsheva Dance Company, sono venuto recentemente a conoscenza del fatto che state utilizzando un pezzo della mia musica in un’opera chiamata Humus. Ho saputo di questo utilizzo solo la scorsa settimana, e, anche se in un certo senso sono lusingato che avete scelto la mia musica per la vostra opera, purtroppo crea un grave conflitto per me. Da quello che so, l’ambasciata israeliana (e quindi il governo israeliano) è sponsor dei prossimi spettacoli, e, dato che sostengo la campagna Bds da ormai diversi anni, questa è una possibilità inaccettabile per me. Spesso chi si oppone al Bds dice che l’arte non dovrebbe essere utilizzata come arma politica. Tuttavia, dato che il governo israeliano ha reso piuttosto evidente di utilizzare l’arte esattamente in tal senso – per promuovere il ‘Brand Israele’ e per distogliere l’attenzione dall’occupazione delle terre palestinesi – ritengo che la mia decisione di negare l’autorizzazione è un modo per togliere questa particolare arma dalle loro mani. Solo un paio di giorni fa un ufficiale dell’esercito israeliano ha assassinato il quindicenne Mahmud Badran e non è neanche chiaro se verrà accusato di un crimine, e tantomeno punito. E centinaia di migliaia di palestinesi in Cisgiordania dovranno passare un’altra estate senza servizi idrici affidabili, mentre la demolizione di case palestinesi e la confisca di terre palestinesi va avanti senza tregua, come ormai da molti anni. Non vi è nessun segno di un qualsiasi tentativo di limitare l’attività dei coloni in alcun modo. Sto cercando di capire le difficoltà che dovrebbe affrontare qualsiasi artista israeliano – e in particolare, quelli come voi che hanno dimostrato alcune simpatie per la causa palestinese. Ritengo che il vostro governo utilizzi artisti come voi e, sfruttando il vostro naturale desiderio di continuare a lavorare – anche se vuol dire diventare parte di una strategia propagandistica. Potrebbe essere che la vostra compagnia di danza non possa ufficialmente prendere le distanze dal governo israeliano, ma io posso e lo farò: non voglio che la mia musica sia concessa in licenza per qualsiasi evento promosso dall’ambasciata israeliana. Ho discusso di tutto ciò con la mia amica Ohal, un’artista israeliana e un’altra sostenitrice del Bds, e so che lei e i suoi colleghi israeliani del Bds capiscono la necessità di un boicottaggio. Come artisti dovremmo essere liberi di scegliere di rispondere alle ingiustizie dei governi, il tuo o il mio che sia.

Cordialmente, Brian Eno”

Il boicottaggio è l’unica azione che Israele teme realmente, come risulta evidente dalle dichiarazioni degli esponenti del governo in carica sul tema. Le critiche alle politiche governative israeliane degli intellettuali, e degli artisti che si esibiscono in o per Israele, le azioni simboliche bipartisan tra ebrei e palestinesi, le conferenze e i proclami auspicanti la pace sono solo parole funzionali al mantenimento dello status quo – l’occupazione e l’illegale colonizzazione dei territori palestinesi.

Chi vuole cambiare le cose, sceglie i fatti, non (solo) le parole.

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