Il cinema verità di Robert Altman

Ad agosto Carteggi Letterari si prende una pausa e sospende la programmazione ordinaria. Riproporremo post apparsi nel secondo anno di attività. Giovanni Graziano Manca sul cinema di Robert Altman (pubblicato il 15 giugno 2015).


di Giovanni Graziano Manca

Nativo del Missouri, Robert Altman è certamente, tra i cineasti di seconda generazione che hanno contribuito al rinnovamento del cinema hollywoodiano (oltre ad Altman il movimento New Hollywood annovera registi come Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Woody Allen, Brian De Palma, Paul Shrader) uno dei più interessanti.

L’arte di Altman, la cui poetica spicca per il tono ferocemente dissacratorio nei confronti dell’ordine costituito e della religione e si distingue per essere stata portatrice, anche in periodi critici della storia americana (la fine degli anni Sessanta, per citarne uno) di un messaggio assolutamente antimilitaristico, ha rappresentato una delle massime vette raggiunte dal cinema che registra e ripropone fedelmente ciò che vede; tutto questo in contrapposizione agli stilemi del cinema classico hollywoodiano dove la realtà viene trasfigurata e spesso edulcorata e le regole, anche quelle stilistiche, sono prestabilite.

Questi elementi sono diffusissimi nella cinematografia del regista di Kansas City scomparso nel 2006; basterebbe, per rendersene conto, vedere (o rivedere) con attenzione critica lungometraggi come La fortuna di Cookie o, tra gli ultimi di Altman, Gosford Park e naturalmente le pellicole che nell’ambito dell’intera filmografia altmaniana costituiscono in qualche modo le vette assolute al di sotto delle quali l’arte del regista americano si è sempre comunque manifestata a livelli altissimi: M.A.S.H. , America oggi, Nashville.

Uscito nel 1969 in pieno periodo Vietnam, M.A.S.H. racconta con un umorismo irresistibile e acido le vicende che si svolgono all’interno di un’unità della sanità militare americana (M.A.S.H. è l’acronimo di Mobile Army surgical hospital). Irriverente, goliardico, antimilitarista, il film ‘maschera’ (ma l’evidente intento critico di Altman va comunque efficacemente a segno) la propria condanna nei confronti del conflitto in Vietnam ambientando gli eventi narrati nella più lontana nel tempo esperienza bellica coreana. Il sesso, l’alcool, il golf che sono i diversivi di questi giovani chirurghi protagonisti del film sembrano rappresentare l’unico modo efficace per trascendere gli orrori della guerra e l’ottusità di norme e comportamenti militari privi di ogni logica e fondamento sensato. Il film, che ebbe un enorme successo di critica (vinse la Palma d’oro a Cannes nel 1970) e di pubblico all’epoca in cui uscì, annovera nel cast attori come gli allora giovani Donald Sutherland, Elliott Gould, Robert Duvall, Tom Skerrit e si avvale del talento di Ring Lardner Jr., premio Oscar per i dialoghi de La donna del giorno, film di George Stevens uscito nel 1942. Lardner Jr., proprio per la sceneggiatura di M.A.S.H., vinse il suo secondo Oscar. Di questo film si è detto giustamente (BERTETTO, 2004) che ‘realizza un quadro impietoso e poliedrico della società americana, in cui un gruppo di personaggi meschini ed egoisti si muove sullo sfondo apocalittico di un mondo opulento e sull’orlo del collasso’. Opere ‘monumentali’ e ritmicamente uniformi quanto crude per il loro contenuto generale e per quello di alcune particolari situazioni messe in scena, Nashville (1975, Oscar per la miglior canzone a Keith Carradine più quattro nominations, tra le quali quella per il miglior film e quella per la miglior regia) e America oggi (titolo originale Short cuts, Leone d’oro a Venezia, 1993) costituiscono uno spaccato attraverso cui vengono rappresentate le condizioni di vita condotte dagli americani di oggi e l’esplicazione di un punto di vista particolarmente critico sul sogno americano che non esiste più. Nessuno, proprio nessuno, all’interno di America oggi, viene risparmiato, e l’incomunicabilità, l’ipocrisia strisciante, l’esistenza alienata e alienante vissuta all’interno della metropoli, i rapporti uomo-donna sempre problematici, il depauperamento dei valori (la famiglia, la solidarietà umana, e così via) , tematiche messe sempre a fattore comune da Altman e che affiorano qua e là anche in Nashville, si ripercuotono assai negativamente sulla vita di tutti i giorni e/o sull’agire del giornalista televisivo affermato, della casalinga, del medico, del manutentore di piscine, del taxista ubriacone, del poliziotto e persino di un gruppo di sportivi appassionati pescatori. Il lungometraggio propone un intreccio di storie, di personaggi e di circostanze assolutamente verosimili e mostra che ci troviamo di fronte a fatti in del tutto ineluttabili il cui verificarsi lascia poco spazio all’ottimismo. Per la realizzazione di America oggi Robert Altman si ispirò a dieci tra racconti e poesie di Ray Carver. Tra gli attori si avvicendano sul set Andie Mc Dowell, Jack Lemmon, Tim Robbins, Jennifer Jason Leigh e, ciò che conferma il legame stretto che ha sempre unito l’opera di Altman al mondo della musica, ben tre acclamate stars dell’universo musicale pop americano: Huey Lewis, Lyle Lovett e il grande, impareggiabile anche sul grande schermo, Tom Waits. Si è sostenuto che il cinema di Altman ‘guarda al mondo come una divertente, paradossale e frenetica gabbia di matti’ (DI GIAMMATTEO, 1995). Come non condividere una così acuta osservazione dopo aver visto M.A.S.H., America oggi e Nashville?

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