di Daniela Pericone
Caravaggio, Incoronazione di spine, 1602-1604 (Vienna, Kunsthistorisches Museum)
Tra le opere eseguite per il marchese Vincenzo Giustiniani riscuote ampi consensi anche l’Incoronazione di spine, dove il contrasto dei chiaroscuri risponde perfettamente all’esigenza di approfondire l’intensità drammatica della scena.
Il dipinto sembra riprendere il contesto rappresentativo della Presa di Cristo nell’orto e proseguire il racconto delle sopraffazioni e violenze subite da Cristo. La luce colpisce di taglio dall’alto la figura centrale di Cristo, semiavvolto in un mantello rosso e piegato sotto i colpi di bastone di due aguzzini che infieriscono calcando sul capo la corona di spine, sotto lo sguardo complice di un soldato in armatura che di lato, quasi in uno con lo sfondo nero, sorveglia ogni agire.
La scena è del tutto priva di enfasi, l’azione di una crudeltà inaudita si svolge per converso sotto un’apparenza quieta e quasi ordinaria, ottenendo con ciò un effetto ancora più sconvolgente, a mostrare come l’accanimento nell’infliggere sofferenza e la sua gratuità possano assumere l’aspetto di un quotidiano operoso. È nell’assenza di compassione che si consuma il male, dimentico di sé l’uomo nuoce all’uomo.