La pazza gioia

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“La pazza gioia”: applaudito al Festival di Cannes, per la “Quinzaine des Réalisateurs”, il dodicesimo titolo di Paolo Virzì valorizza quella componente agrodolce che rappresenta una sua cifra stilistica. Un mix di commedia e dramma, momenti divertenti e spunti di riflessione, che trovano nella sceneggiatura di Virzì e di Francesca Archibugi il suo compimento.

Il risultato è un bel film che racconta il disagio mentale e le illusioni del vivere con uno sguardo autentico e una partecipazione emotiva, facendo tesoro della lezione di Basaglia. Uno sguardo empatico che caratterizza la regia e il lavoro degli attori. Dalla coppia delle protagoniste Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, con scene esilaranti e il profilo tragico dietro l’apparente leggerezza, ai bravi Valentina Carnelutti (l’operatrice Fiamma), Marco Messeri (un padre fallito e un uomo sconfitto), Anna Galiena, Tommaso Ragno.

 

Tra echi della storica commedia all’italiana e del “Road Movie”, e riferimenti al gioco del set e del cinema, “La pazza gioia” commuove e diverte, proponendo una carrellata su volti e storie di un paesaggio umano italiano a volte cinico, a volte depresso, a volte capace di mettersi nei panni del prossimo. Tra le pieghe della storia, Virzì racconta un’Italia che, al pari del personaggio di Beatrice Morandini Valdirana, impersonata dalla Bruni Tedeschi, vanta un prestigio che in realtà ha perso negli anni, tra problemi psichici e giudiziari.

Nel frattempo, la voce di Donatella Morelli/Ramazzotti, tra tatuaggi e ferite dell’anima, stenta a venire fuori, nel ricordo di un evento traumatico che l’ha strappata per sempre al suo bambino. In una struttura sulle colline pistoiesi che pone al centro l’individuo, e non la sua malattia, una faticosa ripresa è possibile, se si accetta il proprio dolore e si ascolta quello degli altri. Complici la fotografia di Vladan Radovic e le musiche di Carlo Virzì, con un impiego chiave della canzone “Senza fine” di Gino Paoli, il regista crea un’atmosfera sospesa tra realismo e spinta visiva verso un altrove meno doloroso, sognante e attraente al pari di un tramonto o di una corsa illusoria in auto. Non tutto  è perfetto, come equilibrio complessivo, ma il film è pervaso da un sentimento autentico.

Marco Olivieri

Dalla rubrica “Visioni” del settimanale “Centonove Press”, 26 maggio 2016.

Immagini tratte dalla pagina Facebook del film.

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