“The Dressmaker”

Winslet

“The Dressmaker – Il diavolo è tornato” è una singolare creatura. Un po’ commedia nera, dramma, incursione grottesca in un mondo chiuso e crudele, tra momenti brillanti, sviluppi tragici, sprazzi di western, farsa e frammenti di vivacità tra colori sgargianti.

Ma “The Dressmaker” è soprattutto lei: Kate Winslet, attrice sensuale e ricca di sfumature espressive, mai banale, nel ruolo della presunta maledetta Myrtle “Tilly” Dunnage. Lei, bollata da bambina come assassina e che ripiomba nella cittadina australiana Dungatar per fare i conti fino in fondo con il proprio passato, si scontrerà con i pregiudizi di un ambiente opprimente negli anni Cinquanta, per una volta rivisitati senza nostalgie.

 

Il film scorre bene, con la regia efficace di Jocelyn Moorhouse e la sceneggiatura di mestiere firmata dalla stessa regista e da P. J. Hogan, dall’omonimo romanzo di Rosalie Ham. Si fanno notare alcune sequenze convincenti sul piano visivo (fotografia di Donald McAlpine e montaggio di Jill Bilcock) e le citazioni di “Viale del tramonto” e di “Macbeth”, in una frontiera spesso disumana. Appare azzeccato il cast: Liam Hemsworth, Judy Davis (trasformatasi in una vecchietta irresistibile), Hugo Weaving (poliziotto che ama travestirsi), Sarah Snook, Caroline Goodall, Kerry Fox, Rebecca Gibney, Gyton Grantley.

Non sempre però l’equilibrio narrativo tra i molteplici registri riesce e non mancano le scene più prevedibili e gli sconfinamenti nel già visto. Tuttavia, nel complesso, la storia funziona, pur non raggiungendo vette di profondità, e le incursioni nell’insensata crudeltà degli esseri umani presentano diverse sequenze felici. Mentre una serie di flashback ricostruiscono la verità, il riscatto di Tilly è affidato alla sua abilità di sarta e stilista di stampo europeo, in un trionfo di costumi che rende più lieve e colorato il film. Il tutto senza un epilogo tradizionale e con parecchie asprezze ed evoluzioni drammatiche non edulcorate.

Da ricordare la forza interpretativa di Kate Winslet. Lei e un treno da prendere come destino, per congedarsi definitivamente dalle sue dolorose radici. Lei e i suoi duetti, madre-figlia, con Judy Davis.

In questi continui cambiamenti di abiti, per avvicinarsi a se stessi o per staccarsi dall’idea di sé, con la protagonista come maga e creatrice, si coglie una dimensione più affascinante della storia che però non viene sviluppata appieno.

Marco Olivieri

Dal settimanale Centonove Press del 5 maggio 2016, rubrica Visioni.

Immagini tratte dalla pagina Facebook del film.

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