Super Brie al Forte Teatro Festival 2015: una calamita da 120 chili di jazz

Siamo al quinto appuntamento per il Forte Teatro Festival 2015 – progetto di Roberto Bonaventura e Stefano Barbagallo – organizzato dall’Associazione Culturale “Il castello di Sanciopanza“. A partire dal 6 luglio scorso, sono già andati in scena: – “In fondo agli occhi” di e con Berardi e Casolari, regia di César Brie; – “In veste di rosa” con Pippo Venuto, regia di Domenico Cucinotta; – “Terremoto” con Tavano, Bonaffini, Quero, regia e drammaturgia di Saverio Tavano; – Ascanio Celestini in “Storie e controstorie – Racconti d’Estate“.

Ieri sera sulla bilancia del Forte San Jachiddu – abbondanti e carichi di poesia – i “120 chili di jazz” di César Brie: il grande attore, regista e drammaturgo argentino – fondatore del “Teatro De Los Andes” in Bolivia e ideatore del collettivo “Tupac Amaru” – è portatore sano di Bellezza, metafora come vestito, potenza della comunicazione senza confini.

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È lui. È César. Avanza disinvolto, procede attraversando la platea – in abito gessato, lilla la cravatta e il fazzoletto nel taschino – già titolare di quello spazio ancora da raggiungere: solo una sedia sulla scena che César rende polposa mettendo in atto un ininterrotto eccezionale getto interpretativo. “Ciccio Méndez non è mai esistito” – afferma Brie – “Nasce dalla cattiva abitudine di due amici robusti che ho perso di vista i quali, seduti ai miei fianchi in una classe del Colegio Nacional Sarmiento a Buenos Aires, mi facevano fare la parte del prosciutto nel panino, schiacciandomi in mezzo a loro”. Méndez, un uomo di 120 chili di carne, grasso e passione, è innamorato – ma lei non lo sa – di Samantha Mariana. Il padre della ragazza organizza una festa per i suoi 50 anni. Ciccio deve vederla ma non è nella lista degli invitati ed elabora un piano per rimpiazzare il contrabbassista del gruppo jazz, ingaggiato per la serata. “Il Secco” – visione diametralmente opposta ai 120 chili di massiccia e amorosa presenza e complice per empatia – viene colto da fasulle coliche renali e indica Méndez come suo sostituto.
Le sue prime battute: “Ho tentato tutto! Ho spinto la macchina in salita fino al Forte San Jachiddu“. Numerosi i riferimenti a personalità della politica cittadina e a luoghi simbolo di Messina – come Dinnammare, il monte- finestra sui Due Mari o la bottega di Don Minico sui Colli San Rizzo – senza dimenticare gli arancini. Tra Brie e il suo pubblico, interazione perenne e continua ricerca di contatto: è sufficiente un cenno al tecnico, luci sulla platea e César/Ciccio – con o senza simpatica preventiva selezione – ricerca di volta in volta, negli spettatori, somiglianze e punti in comune con i suoi personaggi.

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Tutto è tentativo, bisogna osare, provare per vincere.
Ciccio tenta e riesce a vedere ed avvicinare Samantha Mariana. Per non rendere palese la sua totale incapacità di suonare, spinge, di proposito, in terra il contrabbasso, riducendolo in pezzi e diventa strumento vivente: nello stupore collettivo usa la sua cavernosa voce ad imitazione del pizzicato del più grande tra gli strumenti ad arco e salva la serata, conducendo a se la gratitudine del festeggiato potenziale suocero – che offre una quota per riacquistare lo strumento – e la tiepida ammirazione della donna che ama: al cospetto di lei, la sua voce da basso “tremava come una margherita colpita dalla pioggia“. Poi, in lui, qualcosa cambia e quel bacio di “pietà e vanità” sulla guancia, quel “Se solo fossi meno grasso” rompe l’incantesimo e Mendez non rinuncia nemmeno a 120 mg di se stesso. Comunque nulla è stato vano perché – dice Méndez – “Valeva la pena“.

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Un racconto che brilla di poesia nell’amore a senso unico per una donna, dove il cibo risulta l’unica passeggera consolazione e la musica jazz è perimetro entro cui imparare a superare crisi e malinconie. Più che positiva la risposta del pubblico centrato non soltanto dalla “Brie Verve” – quell’ esuberante vitalità presente in ogni sua cellula – ma anche dalla profondità della riflessione politica e sociale: dentro lo spettacolo, un “omaggio” ai “condiscendenti, cortesi e velatamente razzisti“, un ricordo che qui riportiamo nelle testuali parole e direttamente dal sito personale di Brie: “A maggio 2008 ho assistito a Sucre, in Bolivia, a un pogrom contro gli indigeni. Venivano picchiati, denudati, costretti a bruciare le loro bandiere, a baciare la terra, a gridare consegne contro se stessi. Il giorno dopo ho intervistato le vittime. Uno degli squadristi, credendomi dalla sua parte, mi diede un filmato dove si vedevano i responsabili: la sindaco di Sucre, il capo del consiglio comunale, il rettore dell’Università, Senatori e deputati della Repubblica. Un mese dopo mostrai il mio documentario che fu diffuso in tutta la Bolivia. Oggi è la base di prova nel processo penale che si esegue a queste persone. A livello personale provocò minacce, insulti, attentati sino ad una bastonatura e la promessa che avrebbero ucciso la mia famiglia. Dal 2010 non vivo più in Bolivia“.

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Il Forte Teatro Festival torna domani 27 luglio con lo spettacolo “Due” di Giovanni Maria Currò, con Giovanni Maria Currò e Mauro Failla, regia di Roberto Bonaventura e chiuderà con “MOSTROCALIGOLA“, regia di Roberto Bonaventura, il 30 e 31 luglio.

Per informazioni e contatti visitare il sito ufficiale del Forte Teatro Festival.

Marta Cutugno

Pietro Cardile Fotografo

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