Classici della scienza: ‘L’uomo primitivo’ di Franz Boas

di Giovanni Graziano Manca

Il 10 di Maggio del 1933 nella Piazza dell’Opera di Berlino ebbe luogo il gigantesco rogo dei libri di autori di origine ebrea organizzato dalla Associazione Studentesca Tedesca, organismo di ispirazione nazista. In quella occasione furono date alle fiamme le opere, giudicate diffamatorie della Germania, di ben centotrentuno tra scrittori, saggisti e scienziati.

copertina BoasTra le opere ridotte in cenere quella notte figura anche ‘L’uomo primitivo’ (la versione tedesca dell’opera ha per titolo ‘06’), il trattato di antropologia di Franz Boas divenuto un classico. Boas, studioso nato in Germania da famiglia ebrea nel 1858, dopo aver seguito nel proprio Paese d’origine studi di Fisica, Matematica e Geografia decise, nell’anno 1887, di stabilirsi negli Stati Uniti, dove si era già recato in precedenza per studiare le culture di alcune popolazioni del Nordamerica. L’opera di Franz Boas è di importanza seminale per l’evoluzione dell’antropologia e per la nascita della etnologia come autonomo nucleo di interesse scientifico. Tra i principi fondamentali scaturiti dalla sua opera di scienziato e di teorico della scienza dell’uomo, è di fondamentale rilievo la dimostrazione dell’esistenza di una miriade di culture diverse tra loro quale determinante del modo di vivere delle popolazioni di diversa specie. Secondo Franz Boas su ciascuna delle culture esistenti incidono gli aspetti geografici relativi alla posizione e alla morfologia dei luoghi abitati dalla popolazione presa in esame ma anche la particolare evoluzione storica della stessa; le caratteristiche dellaFranz_Boas_-_posing_for_figure_in_USNM_exhibit_entitled_-_Hamats'a_coming_out_of_secret_room_-_1895_or_before organizzazione sociale di una comunità sono determinate con un particolare metodo di indagine antropologica che è fondato sulla ricerca condotta dallo studioso direttamente sul campo. Tale ricerca ha carattere induttivo ed empirico: la raccolta di dati e informazioni presso le popolazioni studiate è volta a definire le strutture portanti della società oggetto dell’indagine scientifica mentre i risultati che da questa scaturiscono vengono integrati da dati che sono il frutto di altre conoscenze disponibili riguardanti la particolare evoluzione storica della comunità osservata. Nel suo libro più conosciuto, il già citato ‘L’uomo primitivo’, pubblicato nel 1911 in prima edizione e successivamente nel 1938, nel pieno vigore delle leggi razziali, in edizione definitiva, Boas si pone in antitesi con i sostenitori delle teorie della razza, contro coloro, cioè, che sostenevano la superiorità originaria di alcune razze e l’inferiorità di altre. Tra le varie teorie sostenute dallo studioso di Minden è fondamentale quella secondo cui lingua e cultura non sono originate dall’appartenere di una determinata popolazione a un certo gruppo razziale. La proposizione riveste notevoli implicazioni scientifiche e politiche. In proposito sarebbe sufficiente considerare che sulle teorie della razza è fondato il tentativo di giustificare la schiavitù dei neri americani e l’orrore dei campi di sterminio tedeschi. Scrive Boas nella premessa all’edizione del 1938 del libro:

[…]. Né s’è mai potuto accertare uno stretto rapporto tra razza e personalità. Il concetto di tipo razziale, quale si ritrova comunemente anche nella letteratura scientifica, è fuorviante e richiede una nuova definizione sia logica che biologica. Mentre un gran numero di biologi, psicologi e antropologi americani sembrerebbero concordare con ciò, il pregiudizio popolare, basato su un’antica diffusa tradizione scientifica, è ancora vivo e il preconcetto razziale rappresenta ancora un importante fattore nella nostra vita.

[a pagina 3 dell’edizione economica Laterza dell’opera, Roma Bari 1995].

Boas copertina itaAffermazioni, quelle dell’insigne antropologo, che risuonano ancora oggi per la loro drammatica attualità, dal momento che i conflitti e le problematiche di ordine pubblico originate dal pregiudizio razziale ed etnico sono tuttora numerose e diffuse in molte aree del pianeta. Boas pone anche il problema dell’indipendenza della scienza rispetto alle posizioni di comodo assunte in materia razziale dai governi autoritari. Egli, sempre in premessa al volume esaminato, e con evidente riferimento al regime nazista scrive:

Ancora peggiore è la situazione nei paesi dominati da regimi dittatoriali. In questi, infatti, la scienza è sottoposta a tutta una serie di limitazioni e, in particolare, viene esercitato un attento controllo sui libri che trattano questioni razziali e culturali. Dal momento che non è permesso pubblicare nulla che vada contro le folli ubbìe e i pregiudizi della cricca al governo, non ci può neppure essere una vera scienza. Quando un editore, il cui vanto soleva essere il numero e il valore delle sue pubblicazioni scientifiche, annuncia degli incroci razziali, e poi annuncia nel suo programma un libro che cerca di dimostrare l’innocuità degli incroci razziali, e poi ritira il medesimo libro con la salita al potere di un dittatore; quando grandi enciclopedie vengono riscritte secondo principi imposti; quando gli scienziati non osano pubblicare – o vien loro proibito di pubblicare – risultati in contrasto con le dottrine prescritte; quando altri, per realizzare i propri interessi materiali o travolti dal fanatismo, seguono ciecamente la strada indicata, che credito si può dare alle loro parole? La campana suona a morto per la scienza quando si sopprime la libertà di pensiero. [pp.3-4].

Sappiamo bene a cosa portò la soppressione della libertà di pensiero nella Germania nazista e nell’Italia del fascismo. Ogni pregiudizio prevaricatore ha origine dalla convinzione di alcuni di poter dominare il prossimo per conseguire vantaggi che quasi sempre hanno natura economica; quando l’uomo utilizza la scienza biologica (o la storia o il diritto o altri nobili rami del sapere umano) per difendere il compimento di azioni nefaste o il proprio ingiustificato prevaricare sugli altri utilizza l’intelligenza di cui è dotato ma dimentica di avere un cuore e dei sentimenti. Quando ciò accade, cito parole inserite in altro contesto tematico da Jane Goodall, antropologa dei giorni nostri,

‘Forse c’è una disconnessione tra l’intelligenza ed il cuore umano, il sentimento. Se li separi e fai lavorare solo l’intelletto crei qualcosa di terrificante.’

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