Inediti : da "Still life" – Adriano Padua

 

1.2

nell’avversione fredda dell’inverno
con troppo vuoto interno da riempire
ogni segno di noi viene a svanirsi
comparse in una rappresentazione
tutto procede come da copione
queste parole sono una prigione
il lato oscuro della libertà
vana sacrale gioia di silenzio
taciuto in una lingua ombrosa e ruvida
immobile e porosa pietra aspra

i giorni bruceranno come strade
di terre conquistate nel sospendersi
del nostro tempo sospirato e perso
cerchio chiuso che gira senza verso

2.2

Il buio è l’abitudine di perdersi, visione non emersa, accumulando vuoti progressivi,
anonime e astigmatiche spirali, reali che collassano se stesse, nel torcersi concentriche.
I suoni sullo sfondo sono vortici, sfregiati dalle raffiche di luce, compongono la notte come è fatta,
nel suo regno vacante, disegno senza genesi, alieno novilunio, in nebulosa nemesi,
precipitato verso il proprio nucleo, per crolli verticali in un cratere enorme, in cui ogni voce affonda,
e si deforma e dorme, formula della differenza, madre non norma, luogo retrattile della distanza

3.2

Il vuoto è stabile, si cristallizza, prende sembianze
di una distanza consolidata, che si alimenta di cose perse,
impercorribile, fatta di strade e stanze, edificata
come una cattedrale senza altare, di mie parole pietre.

Colonna che frana, il tempo è scaduto, si maschera a notte,
riempie la tana dei morti, accelera e frena, ed intorno risuona
la voce metallica delle parole, emerse automatiche, non tue
remote come i ritorni, scontornate nei segni, confuse.

E mentre accade altro, andare avanti insicuri, senza spiegarsi niente.
Oltrepassarlo, questo mare di muri, farsi invisibile, trasparente.

4.3

ombre impalpabili da scomparire
parole a cui disimparare il senso
voci di stordimento e confusione
e dall’interno per contraddizione
cantiche silenziose nel tuo nome
attraversando nuove metamorfosi
come paesaggi sconosciuti e estranei
in cui la scena si scompone e muore
e anche i colori sembrano crollare
su questa notte acida e compressa
non c’è una medicina ma la cura
del nostro male è la ferita stessa

5.2

ti porto le prive di rime parole residue i frammenti di canti annientati e smontati dal mondo
stigmatica carneficina dei sogni e martirio in assenza di corpi mediato in sistemi di segni
sequenza di versi annidati nelle spaccature dei muri in cemento di questa città fatiscente
la forza d’incanti stravolti ed eserciti in marcia di madri rabbiose a scandire in silenzio
preghiere turbate dal non realizzarsi la lingua / rinchiusa nei luoghi crudeli che abita e dice

2 pensieri su “Inediti : da "Still life" – Adriano Padua

  1. L’ha ribloggato su RIDONDANZEe ha commentato:

    . ci contraddistingue il punto.la trasformazione non è tutto, la foto di melograni oblunghi, l’osservazione esatta. necessità di sintesi.la salvezza singola ha il collo lungo.