L’Amore dalla A alla Z, Vincenzo Guarracino

di Daniela Pericone

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Vincenzo Guarracino, L’Amore dalla A alla Z. I poeti contemporanei e il sentimento amoroso, puntoacapo, 2014

Non c’è tema più diffuso e pervasivo in letteratura dell’amore, schiere di poeti hanno dedicato nei secoli i loro versi e poemi o l’intera opera al sentimento che è alla base stessa della vita. Su un motivo di tale valenza universale e di così profonde implicazioni per l’ansia di felicità e la compiutezza di ogni essere umano esiste dunque una letteratura sterminata, basti pensare alla poesia degli albori con Saffo, Catullo, Ovidio, passando per Dante e Petrarca, e poi Shakespeare e Donne, Goethe e Leopardi fino a Rilke e gli altri grandi dei nostri tempi.

Eppure ancora i poeti, senza tema di confronto con le opere del passato o consapevoli del rischio di riusare formule estenuate, continuano a comporre versi ispirati all’amore, a lodarne il rigoglio o a deplorarne l’assenza. Perché l’impulso amoroso che spinge gli esseri l’uno verso l’altro è moto incoercibile, è arsione rigenerante. D’altronde la trama di ramificazioni che interessa ogni espressione dell’affettività è infinitamente varia e complessa e per ciò stesso mai del tutto esplorata, e riguarda legami di diversa natura che solo per comodità o convenzione definiamo come attrazione tra i sessi, intesa amicale o affetto filiale e parentale.

“Metti insieme due cose che insieme non sono mai state. E il mondo cambia” potremmo dire con lo scrittore Julian Barnes (da Livelli di vita, 2013) per richiamare anche la forza eversiva, il potere di innescare mutamenti del contatto amoroso. Quasi a seguire una simile traccia ecco che il poeta e critico Vincenzo Guarracino interviene, a sua volta con un atto d’amore per la poesia, a riunire in un’antologia dal titolo “L’Amore dalla A alla Z” (puntoacapo, 2014) i testi di un numero ragguardevole di poeti contemporanei che hanno scritto versi d’amore dalle più varie angolazioni di percorso.

L’ambizione tassonomica dichiarata dal titolo rappresenta la volontà dell’autore di includere ed esaminare quanto più ampiamente possibile, prendendo a pretesto le lettere dell’alfabeto, le molteplici voci del linguaggio amoroso, quella vasta gamma di manifestazioni del sentimento che in tal senso già Roland Barthes ha inteso indagare nel noto saggio Frammenti di un discorso amoroso, opera imprescindibile per chiunque abbia interesse all’argomento. Tant’è che l’antologia di Guarracino si pone in esplicito rimando alla struttura a brani e inserti dell’opera di Barthes per coagulare intorno ad alcuni lemmi del vocabolario amoroso una serie di riflessioni o, per meglio dire, divagazioni in prosa sul tema di volta in volta suggerito dalla singola poesia in catalogo. Un altro precedente, affine per costruzione e atmosfera, può essere rintracciato nei Sillabari di Goffredo Parise, libro di racconti brevi che lo stesso autore definisce poesie in prosa, dedicati ai sentimenti umani, ognuno elencato seguendo le lettere dell’alfabeto.

L’architettura dell’antologia concepita da Guarracino permette dunque di avere una visione multifocale del sentimento d’amore, giocata attraverso la campitura sul foglio di ogni poesia con il suo commento, in alternanza continua tra la misura versale e la prosastica, tra la voce del poeta e il pensiero, non meno lirico, del chiosatore, con un movimento che avanza per illuminazioni e stratificazioni, per intuizioni e approfondimenti.

Sono inclusi nel volume ben 182 poeti, noti e meno noti, tutti rappresentativi della scena poetica contemporanea, tra i quali valga citare solo come esempio i nomi di Antonella Anedda, Sandro Boccardi, Franco Buffoni, Alessandro Ceni, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Eugenio De Signoribus, Gilberto Finzi, Elio Grasso, Franco Loi, Valerio Magrelli, Nina Nasilli, Giancarlo Pontiggia, Fabio Pusterla, Alessandro Quattrone, Silvio Raffo, Silvio Ramat, Davide Rondoni, Paolo Ruffilli, Francesco Scarabicchi, Massimo Scrignòli, Giancarlo Sissa, Carlo Alberto Sitta, ecc.

In risonanza ai versi di ogni autore Guarracino sceglie ed evidenzia quella singola parola che l’ascolto del testo ha generato, la più adatta a tradurne il senso e lo spirito interno, e a partire dalle suggestioni innescate si inoltra in considerazioni che non hanno solo il crisma della notazione letteraria, ma toccano gli ambiti della filosofia, dell’etica, della psicologia, con uno stile versatile e libero da vincoli di genere che attinge a immagini ed espressioni appartenenti sia alla prosa che alla poesia.

È interessante osservare quale varietà di termini possa offrire la partitura del linguaggio amoroso, e come da qui scaturiscano e si aggreghino quasi per moto spontaneo una serie di nuclei di senso, alcuni dei quali pertengono alla sfera fisico-sensoriale (bacio, abbraccio, corpo, carne, occhi, mani, pelle, capelli, profumo) e altri all’elemento ideale colto nelle sue accezioni sia positive (armonia, accoglienza, promessa, dono, beltà, stupore, felicità, sogno, speranza), sia negative (assenza, disincanto, lontananza, rimorso, illusione, disamore, paura, solitudine, crudeltà);  comunque vi è compreso tutto il repertorio di sfumature e significati che accompagna il rapporto d’amore nelle varie fasi della sua parabola vitale, dall’apparizione dei primi segnali al punto culminante fino all’eventuale progressivo dissolversi.

Alcuni testi rispondono in modo esemplare a illustrare i momenti cruciali dell’andamento amoroso, a iniziare dai versi di Giancarlo Pontiggia, che avverte già racchiuso nel nome della donna un presagio d’amore:

Da una vita mi aggiro per i vostri atri,
anditi ombrosi, dove un lume, altissimo, fulmina
i muschi degli impluvi: non sapevo
che già eri lì, da sempre, con il tuo
nome più segreto, il più impervio
agli stolidi, il più dolce
per l’anima,

il più quieto.

Poi la pienezza dell’esperienza e dello scambio reciproco nell’abbraccio di Valerio Magrelli:

Tu dormi accanto a me così io mi inchino
e accostato al tuo viso prendo sonno
come fa lo stoppino
da uno stoppino che gli passa il fuoco.
E i due lumini stanno
mentre la fiamma passa e il sonno fila.
Ma mentre fila vibra
la caldaia nelle cantine.
Laggiù si brucia una natura fossile,
là in fondo arde la Preistoria, morte
torbe sommerse, fermentate,
avvampano nel mio termosifone.
In una buia aureola di petrolio
la cameretta è un nido riscaldato
da depositi organici, da roghi, da liquami.
E noi, stoppini, siamo le due lingue
di quell’unica torcia paleozoica.

(da Esercizi di tiptologia, 1992)

Infine l’amarezza e il presentimento del distacco nei versi dal Tema dell’addio di Milo De Angelis:

Quando su un volto desiderato si scorge il segno
di troppe stagioni e una vena troppo scura
si prolunga nella stanza, quando le incisioni
della vita giungono in folla e il sangue rallenta
dentro i polsi che abbiamo stretto fino all’alba,
allora non è solo lì che la grande corrente
si ferma, allora è notte, è notte su ogni volto
che abbiamo amato.

(da Tema dell’addio, 2005)

Un amore che non ammette confronti e non teme variazioni nel tempo è quello che lega genitori e figli, presente in molte occasioni nel volume, come nei versi di A Nina che ha paura di Fabio Pusterla, il quale, commenta Guarracino, “mette in scena la trepidazione della figlia bambina ma anche la sua di adulto, che si concentra nel cerchio breve dell’intimità degli affetti familiari per scoprirsi non meno della figlia ancora assalito da incomprensibili inquietudini e bisognoso anche lui di protezione”:

Gli scricchiolii notturni e quel silenzio
irreale: foglie, voci lontane, uno sciacquìo
forse di grossi pesci nel lago. Anche la luna
che passa ha la sua voce
lunare, di capra gialla. Ed è il tuo turno,
stavolta, di vegliare
su me, sul mio respiro
che ogni poco svanisce nel buio.
Ma non pensarci, se puoi,
non preoccupartene;
so troppo bene cos’è svegliarsi di notte,
tendere invano l’orecchio, maledire
il nulla che ti attornia,
un muro inerte.

(da Pietra sangue, 1999)

La parola poetica che racconta l’amore, qualunque cosa voglia rappresentare, sia quando esprima tenerezza o arda nell’attesa o nell’appagamento, sia quando si plachi e dilegui nel disincanto, è sempre latrice di un contenuto di verità che coinvolge e accomuna gli esseri umani. È in sé stessa seduzione e incantamento. Ma la poesia, aggiunge Guarracino, “è una sorta di domanda senza risposta, pronunciata sull’impulso di una fame insaziata e insaziabile: una sfida senza scambio e ricompensa perché l’altro, l’interlocutore amoroso cui si indirizza, esiste spesso solo nella testa di chi la lancia.”.

Proprio quel pensiero dominante di cui parla Leopardi, che pur consapevole della  natura illusoria del desiderio d’amore sa di non poterne fare a meno, anzi non chiede di meglio che d’averne invasa la mente: “Che chiedo io mai, che spero / Altro che gli occhi tuoi veder più vago? / Altro più dolce aver che il tuo pensiero?”.


Antonella Anedda

Attitos

Volevo passargli una spugna di ferro sopra il petto
ferirlo a sangue come un cristo
per fingerlo risorto.

(da Dal balcone del corpo, 2007)


Sandro Boccardi

A Barbara

Barbara, sai,
marzo è una rosa di correnti d’aria
che toglie il fiato
arruffa propositi, anima, consensi,
lungo i sentieri d’erbe mareggiate
qui dove il verde dove il vento insieme
rimescola semi e fioriture
qui nei lombardi chiari appezzamenti.
Barbara dico: è inutile resistere
la polvere sale come un ventaglio
sopra le aie piccole padane
scricchiola batte alle verdi persiane
la voce genuflessa della primavera.

(da Durezze e ligature, 1967)


Franco Buffoni

L’amore è un lavoro

L’amore è un lavoro, o forse un lavorio
di piatti di bicchieri di ferri da stiro
ancora in garanzia.
L’amore è in garanzia per una forma
di protezione degli opposti,
un calcolo sbagliato,
un taglio al dito che non si rimargina
per il continuo uso ed il rimprovero
costante superiore
perché non metti i guanti?

(inedito)


Alessandro Ceni

Io vorrei saper dire amore
amoreamoreamore
come fanno i dementi
ed essere infelice infelice
per il troppo bene,
un solvente, che spezza la catena delle vite
per darci la definitiva morte,
simile a Dio in questo, o
al cuore.

(da Cacciatori sulla neve, in I fiumi, 1985)


Maurizio Cucchi

Dicono che l’amore si trasforma
Passando dal fuoco al più tenero abbraccio,
ma più conta che le sue radici
cieche insistano scavando
tra parole e silenzi intrecciando
nella pace i comuni destini,
il calore commosso degli occhi,
i cammini, la pietà, le carezze
che per sempre, anche se un sempre
che ha un fine, ci terranno vicini.

(da Vite pulviscolari, 2009)


Eugenio De Signoribus

(canzonetta)

ciò che fuori sarà e qui sarà
sarà dicibile
finché il tuo passo ronda tra gli scuri
e ai giorni maturi apre le tende

annuncia il dì
il volto chiaro e vero
prima d’ogni altra luce

(da Istmi e chiuse, 1996)


Gilberto Finzi

“As Time goes by”

teneri appena nati, i baci
piccoli puntuti sulla soglia
della bocca appoggiati con tutto
il loro tema proibito
da te verso te stessa uscita hanno
il tempo inventato di chi frena
una bolla di sapone
pallida e fuggitiva

(da Dèmone se vuoi, 1994)


Elio Grasso

Una notte d’amore

Mai finito nella gravida di questa radice
mano aperta di colei che odora la sua

sempiterna corregge le labbra dell’uomo
alitando alimentando la carica dell’acqua

nella casa equivalente il nostro ponte sul
divampante inchino davanti al bambino.

(inedito)


Franco Loi

Serum de aria int un ciel de frasca

Serum de aria int un ciel de frasca
e da la mura l’erga a ridascià,
e l’aria l’era el temp, e lé diceva:
“La mia paura l’è quèl tò tucàm!”
Passa ‘na nevura e vardi i mè penser,
‘n usèll sifula, e senti ‘me ‘n tremà.
U tegnu ‘l cor, e lé diceva: “Jer
la mia giuinessa la te muriva in brass”.
Nient alter me pareva de scultà.
Taceva el temp, e me tegnivi bass.

Eravamo d’aria in un cielo di frasche

Eravamo d’aria in un cielo di frasche
e dalla mura l’edera a ridacchiare,
e l’aria era il tempo, e lei diceva:
“La mia paura è quel tuo toccarmi!”
Passa una nuvola e guardo i miei pensieri,
un uccello zufola, e sento come un tremare.
Ho trattenuto il cuore, e lei diceva: “Ieri
la mia giovinezza ti moriva in braccio”.
Null’altro mi pareva di ascoltare.
Taceva il tempo, e mi tenevo basso.

(da Liber, 1988)


Nina Nasilli

Mi incontrerai ancora
se saprai vedermi
in una foglia
che il tuo piede
non avrà voluto
calpestare,
per averla notata,
lei tra le altre,
morta tra le morte,
ma lei.

(inedito)


Alessandro Quattrone

Solo per un momento

Solo per un momento, ah
Solo per un momento mi hai raggiunto,
e mi hai trovato, col respiro di chi ha fretta,
e c’era la sera pura, la sera, la sera
e nessun altro, solo tu – momento e coincidenza –
tu dentro il momento, come un pensiero
dentro il girasole notturno, c’eri per andartene
per lasciarmi più fedele alla maestà del tempo.

(da Passeggiate e inseguimenti, 1993)


Silvio Raffo

Lo sai da sempre, non c’è soluzione
alla fatalità della passione
L’amore è solo quest’atroce sfida:
devi ucciderlo prima che ti uccida

(inedito)


Silvio Ramat

Farlo capire

Farlo capire a chi potrà capire.
Non si nasconde il carico degli anni
ma l’amore è un istinto, ha la sua voce
e i suoi modi, non vuole esser frainteso
o respinto solo perché alla notte
non manca molto.
La notte concede
zone di chiarore, la luna è rossa.
Un cuore anche se titubante è un cuore.
Cominciamo a pensare che si possa.

(inedito, 2009)


Francesco Scarabicchi

Che vuoi da quei tuoi occhi, dagli abissi
di vento e verde che non ha confine,
che vuoi da me che tremo da quest’ora
in cui si perde una canzone bianca
e non ho vita per tenerti ancora,
non ho vita ma il semplice saluto
che ti lascia, carezza mia furtiva,
se scompari e mai più per questa notte
posso con te confondermi, mai più.

(da L’ora felice, 2010)


Massimo Scrignòli

Le mani che uguali hanno attraversato
il tuo il mio corpo
attirano la carne del sole, raccolgono il seme.

Da ieri si scioglie la pioggia
prima di essere neve.

(inedito)


Giancarlo Sissa

Davvero mi consola la poesia?
alta e vile, bella e sporca, l’altrui
più della mia? o sarà tutto un inganno
questo leggere da decenni ormai,
questo scrivere da ventenne a te
che vai e non ti volti lasciandomi
uno dei molti che hanno sperato
e tentato d’essere poeti – sghembi
profeti affamati di figa e di virtù –
… io ti amo, e tu?

(inedito)


Carlo Alberto Sitta

A Tess

Il perfetto incantesimo del labbro
è la tua voce replicante che parla
per ritrovarmi. Disceso alla fonte
di porpora dei fari che già mi sfumano
i firmamenti sfoggiati dalla prima
luna, quando vestirti non era che
vetro per tessermi di nuovo. La notte
che sbianca è il sottinteso d’amore.

(inedito)


Vincenzo Guarracino, poeta, saggista, critico letterario e d’arte, traduttore, è nato a Ceraso (SA) nel 1948 e vive a Como. Ha pubblicato, in poesia, le raccolte Gli gnomi del verso (ER, 1979), Dieci inverni (Book, 1989), Grilli e spilli (Fiori di Torchio, 1998), Una visione elementare (Alla Chiara Fonte, 2005); Nel nome del Padre (Alla Chiara Fonte, 2008); Baladas (in lingua spagnola, Signum, 2007); Ballate di attese e di nulla (Alla Chiara Fonte, 2010). In prosa, ha pubblicato L’Angelo e il Tempo. Appunti sui dipinti della chiesa di Ceraso, Sa (Myself, 1987). Numerosi i suoi saggi, biografie e antologie su Giovanni Verga, Giacomo Leopardi, Antonio Ranieri, Roberto Sanesi, Agostino Bonalumi, sui poeti comaschi e sul regista e drammaturgo Bernardo Malacrida. Ha curato le traduzioni: Lirici greci (Bompiani, 1991, 2009), Poeti latini (Bompiani, 1993), Carmi di Catullo (Bompiani, 1986 Baldini Castoldi Dalai, 2005), Versi aurei di Pitagora (Bagatt, 1988; Medusa, 2005), i versi latini di A. Rimbaud, Tu vates eris (Bagatt, 1988), Canti Spirituali di Ildegarda di Bingen (Demetra, 1996) e Poema sulla Natura di Parmenide (Medusa, 2006). Per la critica d’arte, si è occupato dell’opera, tra gli altri, di Luca Crippa, Giorgio Larocchi e Mario Benedetti. È stato responsabile della collana dei Classici Tascabili dell’Editore Bompiani. È Presidente del Comitato comasco della Società Dante Alighieri. Collabora, come critico letterario e d’arte, a quotidiani e periodici.