In scena, al Bellini di Catania, "La bohème" di Puccini: splendide D. Schillaci e L. Giordano ed esplosiva la direzione di Zhong

Al Teatro Bellini di Catania, in scena “La bohème” di Giacomo Puccini – secondo titolo della stagione lirica e dei balletti 2015 – diretta dall’eccellente pianista e direttore d’orchestra cinese, Xu Zhong, conosciuto e apprezzato a livello internazionale.

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L’opera, ambientata nella Parigi del 1830, iniziò a prendere vita in una giornata di pioggia del marzo 1893: il compositore di Lucca, non sapendo come trascorrere il suo tempo, avviò la lettura del “Scènes de la vie de bohème “ di Henry Murger. In quelle pagine, riscontrò echi di vita personale vissuta da studente qualche anno prima a Milano. Non possiamo affermare che Giacomo si trovasse in condizioni di fame ai tempi del Conservatorio, per cui le molte assonanze con l’ambiente bohèmiene sono più di ordine personale: suoi tratti distintivi erano la gioia di vivere, la continua propensione allo scherzo, al gioco, alla burla. Come Murger rivide – nei quattro squattrinati protagonisti del suo romanzo – se stesso e i suoi amici artisti, così Giacomo ristabilì, nel connubio testo-musica, legami con il suo proprio mondo fatto di ricordi, esperienze e condivisioni. Anche il libretto – ad opera dell’impulsivo e litigioso Luigi Illica e del riflessivo e accomodante Giuseppe Giacosa – operò – non con poche difficoltà nella stesura – una sintesi tra genuini sentimenti e forti passioni. L’opera fu eseguita, per la prima volta, il primo febbraio del 1896 al Regio di Torino, diretta dall’allora ventinovenne Arturo Toscanini: buono il consenso del pubblico ma pesante la stroncatura di molti rispettabili critici che, solo dopo poche settimane, dovettero prendere atto dell’immane e diffuso successo.

Nel buio di una soffitta, il poeta Rodolfo incontra “la gelida manina” di Mimì ed è subito amore: galeotti i lumi spenti dal vento e le chiavi smarrite, al centro di tutto un sentimento attraversato dalla gelosia del poeta e dalla malattia della fragile vicina di casa che inevitabilmente la condurrà alla morte.
Questa attesissima bohème catanese ha visto sul podio, dinanzi all’Orchestra del Teatro Bellini, l’esplosivo M° Xu Zhong: direttore capace di grande trasporto che ha riletto espressivamente la partitura valorizzandone i minimi dettagli e, trascinato dall’enfasi, ha ben ridipinto ogni sfumatura orchestrale; lui stesso, uno spettacolo fatto di estremi e passionali gesti.

L’allestimento è del Teatro Massimo Bellini. Le scene di Alessandro Chiti hanno ricreato – degnamente ma senza particolari novità – il contesto operistico: la superficie scenica appariva rialzata su quattro scalini. La porticina sul fondo a destra dava accesso alla soffitta arredata con quattro letti, poche sedie, libri, carte e tele da pittore e un grande camino al centro.

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Nel quadro I, ottimo lo sprint e la goliardia dei personaggi: grandissima intesa scenica – in quella gelida vigilia di Natale – tra i protagonisti sulla scena.                                             In generale, la regia di Giovanni Anfuso ha contribuito, con criterio e fedeltà, ad evidenziare i tratti caratteristici del narrato operistico, sia nella dimensione più giocosa dei primi accenti che nello scorrere più sentimentale e passionale della trama fino alla morte di Mimì. Ottime le luci di Bruno Ciulli e molto adeguati e in simbiosi con il contesto, i costumi di Giovanna Giorgianni. Nel quadro II la bussola scenica è andata perduta: confusione negli spostamenti e incertezze vocali sono state frutto della poco ottimale gestione della grande massa sul palco.
Nel ruolo del poeta Rodolfo, Leonardo Caimi: eccellente la partecipazione emotiva e la forza comunicativa, più altalenante, tuttavia, la prestazione vocale.  Come Marcello, il pittore, il bravissimo Elia Fabbian: baritono dai grandi volumi e giuste intenzioni sceniche. Caimi e Fabbian, insieme a Francesco Verna (Schaunard), Angelo Nardinocchi (Benoit e poi successivamente Alcindoro) e Francesco Palmieri (Colline) hanno regalato al pubblico un quadro I di alto livello.

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Daniela Schillaci, nel ruolo di Mimì, ha conferito massima enfasi ad ogni suono: grande interprete dalla ampia e strutturata voce, dolce e tragica allo stesso tempo e sempre puntuale nel tracciare il carattere del personaggio.

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Laura Giordano ha interpretato una Musetta magnetica e aggraziata: il suo talento da fuoriclasse si è espresso nella massima padronanza del palcoscenico e nell’ eleganza di suono, fraseggio e presenza scenica; apprezzato e molto applaudito il suo “Quando men vo”. Ottimi i contributi di Riccardo Del Picchia (Parpignol, venditore ambulante), Alessandro Vargetto (sergente dei doganieri) e Giuseppe Lo Turco (un doganiere).

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In generale, il Coro del Teatro Bellini – diretto dal M° Ross Craigmile – è apparso poco omogeneo (e, nel quadro II, penalizzato dallo scenico caos del caffè Momus). Debole il Coro di voci bianche “Gaudeamus igitur Concentus” diretto dal M° Elisa Poidomani.

Prossimo appuntamento della stagione lirica e dei balletti 2015 è “La bella addormentata” di Čajkovskij a fine marzo; l’opera lirica tornerà in aprile con “Il turco in Italia” di Gioachino Rossini.

Marta Cutugno

Giacomo Orlando fotografo

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