Poeti esordienti (1) – spazio inediti: Rosalba Barbato Di Giuseppe

Padri

Nel mezzo del cammino
c’era un sasso.
Si, come potrei dimenticarlo?

Dietro a quella montagna, la Pizzuta,
c’era un fiore giallo,
dentro c’era
il bambino che tu eri, che tu sei ancora. In fondo.
Ci sono padri colorati:
con i calzini turchesi,
verdi e giganti come alberi,
rossi, con un diavolo per capello.

Padri boccate d’aria,
padri intossicati.

Padri, papi con gli aerei privati,
altri fino al collo indebitati.
Padri indagati,
che si sono abbuffati,
dentro inforuncoliti.
Padri separati, a cui dicono ”il figlio a te non spetta”
padri che non sanno fare i mariti,
padri che si consacrano ai figli ma alle donne MAI,
padri presi in disparte:
padre vai a chiedere scusa a quella donna, di là.
Vai, ora!

Padri stanchi,
”basta, con ste poesie, fatti le ossa: leggiti un saggio”
padri leggeri,
”ho scritto una filastrocca per te, figlia”,
padri dal ritmo sotterraneo,
padri smemorati,
padri dimenticati,
padri smarriti.
– Scusi ha visto mio padre?
– Com’è fatto?
– Ha dei capelli, delle occhiaie, ha tante idee.

Padri stranieri a loro stessi,
padri fuori di testa,
fuori dai gangheri,
fuori forma,
fuori dagli schemi,
fuori.
Padri cruciverba.
Padri finestre aperte.
Padri ai quali basterebbe una carezza per un cuore di ragazzo.
Ragazzo che provi a fare il padre, esercitandonti in Australia:
padre sognante.
L’immagine di quell’episodio
non svanì
e mentre riposava
sognava.
Padri dallo sguardo d’amore
che può essere cantato ma non basta, non basta,
perchè è così autosufficiente.
Padri che devono misurarsi,(la pressione, la glicemia, la rottura di scatole)
ricominciare,rinascere, rimisurarsi.
Padri col conta gocce.
Padri barili.
Padri pozzi di sapere.
Ma basta! Ti ho chiesto una cosa, non fare il professore.
Padri pozzi d’acqua a cui attingere.
Padri a pezzi,
padri pazzi,
padri,
solo padri.
Padri che hanno figli che non vogliono essere solo figli ma persone,
quando tornate anche voi padri ad esserlo? ( Hora, 19/03/2012)

*

Si considerano oracoli,
gli adulti.
Sanno che in compagnia dell’amore
tutto ritorna
(al loro ordine?)
Se ti domandano
se correvo, dì loro che volavo
fino all’orizzonte.
I bambini giocano a nascondino
studiano le mosse della vita
provandola.
E’ vero! I tiranni hanno le unghia
lunghe eppure noi sciogliamo i nodi
cantando.

(Hora, 30/07/2012)

*

Il sogno della zucchina

Era arrivato il momento per lei
dire addio al suo campo, ”kam duhur crei” ( ho dolore alla testa)
Suo padre, un contadino dal cappello di paglia,
l’aveva coltivata con gentile premura.
Lei era diventata così muscolosa,
così verde, così sana.
Il suo sogno poteva realizzarsi ora?
Lei voleva essere un piatto unico,
non un semplice accompagnamento,
non un condimento.
Un piatto unico.
La ragazza, che ricevette in dono
la splendida forte zucchina,
l’accontentò.
La ricoprì d’oro
con un filo d’olio,
le spruzzò coriandoli di origano,
infine le mise degli orecchini di menta.
Un piatto unico delizioso.

( Hora, 28/07/2012)

*

Ode ai denti estratti

Vi ho sentiti crescere con la lingua,
lei bussava e voi rispondevate pungenti.
Chi sono io per giudicare?
perciò ho voluto la vostra estrazione.
Eravate bianchi come la spiaggia alle prime luci,
compagni di tante masticature.
Vi ho rispettato sempre con il filo interdentale,
e ora mi lasciate con un amarezza in bocca.
Lo sapete, altri amici prima o poi vi seguiranno,
vi ho visti rossi come ciliege,
perdonatemi se non vi ho voluti con me!
Mi sono detta: ognuno per la sua bocca,
se il dentista vi venderà, che felicità!
allieterete un altro sorriso.
Addio piccoli tasti del mio pianoforte preferito.

(Palermo, 28/02/2013)

*

Imparare a prenderla con leggerezza,
con filosofia,
senza angoscia.
Quell’uomo preso a calci,
la figlia furibonda, l’ha scoperto ubriaco,
la penserebbe così?
Imparare la calma negli occhi,
trasmetterla,
perchè mi allarmo scorgendoti?
Imparare a costruirsi, a costruire con gli altri,
indipendentemente dalla tua presenza.
Io sono un campo che autoproduce.
Imparare a non fasciarsi la testa
prima del tempo
prima della botta.
Imparare oppure apprendere senza fretta,
tentando di…
provandosi curandosi
ridendosi addosso,
il riso è come la musica,
nutre.

(Enna , 28/08/2014)


 “L’unico principio della poesia è l’entusiasmo”

Ironia è quello stato d’animo che sovrasta a tutto e che si solleva infinitamente su tutto ciò che è limitato: perfino sulla propria arte, virtù o genialità

(Schlegel)

La poesia di Rosalba Barbato Di Giuseppe si palesa fin dai primi versi come strumento per comprendere la realtà.  L’immaginazione produce quella realtà che noi incontriamo nell’esperienza e nei suoi versi l’esperire si impreziosisce di un’ironia che spesso diviene una “autoparodia” volta a evidenziare i limiti del poeta stesso, la parzialità dei diversi modi d’essere scanditi da una continua evoluzione. L’ironia della Di Giuseppe si presenta come un esercizio di scetticismo nei propri stessi confronti. L’ironia è la più libera di tutte le licenze, poiché con essa ci si pone al di sopra e oltre se stessi, cosicché la cultura è “sintesi antitetica sino all’ironia”. Significativamente, Schlegel mette in evidenza la superiorità del punto di vista proprio di chi ironizza: “ironia è lo stato d’animo che sovrintende a tutto (“sovrintendere” in tedesco è Übersehen, ovvero “vedere dall’alto”) e che si solleva infinitamente al di sopra di tutto ciò che è condizionato”.  Così il “Sogno della zucchina” è esaudito da quella ragazza che sa cucinare un piatto unico, ridendosi addosso, con filosofia, senza angoscia, nonostante le ferite dei padri e i denti estratti. L’ironia dei suoi versi si prende gioco di tutto ma senza scivolare in un cinismo gratuito. C’è in nuce quell’arte della Szymborska  di saper creare della poesia trascendentale con ironica precisione, evidenziano il contesto emozionale della fragile realtà umana.

Cinzia Accetta


Rosalba Barbato Di Giuseppe è nata a Palermo e ha vissuto 25 anni della sua vita nel suo paese d’origine Piana degli Albanesi, la voglia di avventura l’ha portata a  Pavia, vorrebbe prendersi una seconda laurea, stavolta in umanità. Le piace il riso a trentadue denti e quello con la curcuma, accudisce se stessa scrivendo, amando le persone e gli animali e sperimentando tecniche di autoproduzione.

“Scrive per divertirsi, per ricordarsi le cose, perchè altrimenti sta male, per sentirsi più leggera. Il centro della sua poetica gira attorno alle creature umane, animali, vegetali, che le stanno vicino”

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